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Sunday, October 31, 2021

Jean-Marc Chery: “La crisi dei chip durerà fino al 2023 impossibile aumentare la produzione” - La Stampa

«La crisi dei semiconduttori si protrarrà fino al 2023. Aumentare la produzione ora non è possibile». È l’avvertimento all’industria che soffrela carenza di microchip che lancia Jean-Marc Chery, numero uno del maggior gruppo di elettronica, la STMicroelectronics con partecipazioni statali italiana e francese, che per il 2021 prevede ricavi netti intorno a 12,6 miliardi di dollari, in crescita del 23,3%. Le ripresa ha fatto esplodere la domanda di chip, +35% su scala globale nel 2021, rendendo difficile reggere il ritmo e mandando in difficoltà interi settori a corto di forniture. Quando finirà la crisi delle materie prime?
«La situazione è estremamente complessa. E credo si possa dire che anche nel 2022 la capacità produttiva non sarà all’altezza della domanda. Prendiamo il settore automotive. Anche al di là dell’elettrificazione, il segmento chiederà più elettronica. In più anche noi stiamo vedendo penuria dei materiali più vari. E poi c’è la questione logistica, che ha molti problemi». Quindi l’industria soffrirà almeno per un altro anno?
«La normalità non tornerà prima del 2023. La sfida è complicata. Bisognerà monitorare le dinamiche del mercato ogni mese. Alcuni clienti, per esempio, stanno già facendo ordini per il 2023. Ma è troppo presto per dire con precisione quando finirà». Attualmente ci sono strozzature nella vostra filiera?
«Non so se si può parlare di colli di bottiglia veri e propri. La nostra industria fino allo scoppio della pandemia era organizzata in maniera molto efficiente se consideriamo che sostiene costi altissimi per investimenti e ricerca e sviluppo, solo STM spende intorno al 15% dei ricavi, ma la maggior parte dei microchip arriva al cliente a meno di un dollaro. Il boom della domanda ha dimostrato che il modello dei produttori integrati come noi è più flessibile rispetto ad altri, tanto è vero che i nostri ricavi sono cresciuti del 23%. Siamo riusciti cioè a mettere in pista una capacità maggiore in tempi rapidi. Ecco, se vogliamo parlare di nodi, produrre microchip è un processo che richiede molta programmazione». Di che tempi parliamo?
«Quando il progetto di un microchip arriva in fabbrica la lavorazione richiede dai tre mesi per quelli più semplici ai cinque mesi e oltre per quelli più complessi. I substrati su cui costruiamo i chip, cioè sottilissime fette di silicio, sono sottoposti ad una media di 500 operazioni passando da una macchina all’altra. Alcuni di questi processi chimici e fisici richiedono anche 20 ore. Alla fine le “fette” partono per un secondo tipo di impianto tradizionalmente collocato in Paesi con un minore costo del lavoro, dove ogni chip viene inscatolato. Quando il chip è terminato e pronto a partire per raggiungere l’impianto del cliente ha dimensioni di pochissimi millimetri, quindi si può capire che dimensioni invisibili a occhio nudo o al microscopio hanno le lavorazioni precedenti». Quindi nel breve incrementare la produzione non è una soluzione percorribile?
«Gli impianti dell’industria dei semiconduttori lavorano sette giorni su sette, 24 ore al giorno, 360 giorni l’anno, per ammortizzare i costi di macchine da diversi milioni di euro. Quindi aumentare la capacità in fretta non è semplice. Nel medio, si possono acquistare nuove macchine se si possiede lo spazio attrezzato in cui inserirle. È quello che abbiamo fatto e faremo per far fronte al boom della domanda. Ma costruire da zero un ambiente per produrre microchip richiede anni». Le difficoltà nel rispondere alla domanda si ripercuoteranno sui consumi nel periodo dei regali di Natale? Sarà difficile trovare prodotti elettronici?
«L’industria dell’elettronica di consumo ha subito meno di altre le conseguenze dei lockdown degli ultimi due ultimi anni. Ha mantenuto una domanda molto sostenuta da parte di chi era costretto a rimanere in casa per vivere e lavorare. È possibile che il settore abbia dovuto fare delle scelte su quali prodotti lanciare prima. Oggi l’intera filiera di approvvigionamento è messa in discussione da problemi di logistica, di accesso ai materiali di base e di forniture di energia».

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