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Nel pomeriggio aveva postato su LinkedIn i ringraziamenti a tutto il gruppo per il lavoro svolto nei primi sei mesi dell’anno, in vista della presentazione dei conti, la prossima settimana. E aveva augurato buone vacanze, perché il secondo produttore mondiale di automobili è «in forma» per affrontare la seconda metà dell’anno. Nella foto lui sorridente vicino a un van lanciato da pochi mesi l’ID.Buzz, il Bulli in versione elettrica. Evidentemente la situazione non era poi così serena se un paio d’ore dopo una nota ha comunicato che il Consiglio di Sorveglianza del gruppo Volkswagen aveva deciso che il ceo Herbert Diess, 63 anni, da diversi mesi sotto esame, dovrà lasciare «di comune accordo» il suo posto al capo del gioiello della casa, Porsche. Oliver Blume, 54 anni, subentrerà a Diess molto presto, dal 1 settembre. E resterà al comando del marchio premium anche dopo la prevista Ipo. Il direttore finanziario Arno Antlitz sarà anche direttore operativo.
Insomma, un terremoto al vertice del colosso tedesco. Diess, il cui contratto sarebbe scaduto nel 2025 (era in Vw dal 2015, anno del Dieselgate), era sotto osservazione in realtà da diversi mesi. A novembre era già stato in bilico sia per gli attacchi del leader del sindacato Daniela Cavallo sull’ipotesi di licenziamenti di massa (si era parlato di 30mila posti) per aumentare la redditività e sostenere il processo di elettrificazione del gruppo sia per una serie di scelte strategiche che non erano del tutto condivise dalle famiglie Piëch e Porsche, gli azionisti che controllano Volkswagen e dei quali l’ingegnere bavarese infine ha perso il pieno appoggio. Non sono bastati i piani da decine di miliardi per lanciare definitivamente il processo di elettrificazione. A dicembre il ruolo del ceo era stato parzialmente ridimensionato: aveva perso la responsabilità diretta su un mercato cruciale come quello cinese ma gli era stato affidato il software, un ambito fondamentale per lo sviluppo.
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Negli ultimi mesi il braccio di ferro interno è andato avanti in maniera carsica, alimentato in particolare proprio dalla gestione di Cariad, la società del gruppo dedicata allo sviluppo del software, per la quale si prevedeva una nuova iniezione di capitale, 3 miliardi. Incertezze e ritardi (secondo la stampa tedesca un paio d’anni) in un settore che dovrebbe far fare il salto di qualità nei modelli a venire, hanno contribuito ad alzare il livello dello scontro. In particolare le incertezze sui tempi avrebbero finito per danneggiare il lancio di importanti modelli premium, tra cui la nuova Porsche Macan e l’Audi Q6. Quest’ultimo duello è costato il posto a Diess.
Volkswagen, Diess licenziato. Il capo di Porsche, Blume, nuovo ceo del gruppo - Il Sole 24 ORE
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