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Friday, January 26, 2024

Dal Mar Rosso la nuova crisi dei prezzi in Italia: 95 milioni di danni al giorno - Today.it

Lo stretto di Bab el-Mandeb è la porta che da sud conduce al Canale di Suez e al Mar Mediterraneo. Si trova all'imbocco del Mar Rosso e per importanza è il terzo "chokepoint" globale, una strozzatura diventata l'unico punto di transito per le navi provenienti da tutto il mondo. La guerra tra Israele e Hamas è arrivata sin qui, proprio dove passa il 12 per cento del commercio globale e il 16 per cento dei beni importati in Italia. Gli attacchi degli Houthi provenienti dallo Yemen e sostenuti dall'Iran hanno preso di mira le navi "legate a Israele" che superano lo stretto, stravolgendo uno degli snodi fondamentali del commercio mondiale e causando la reazione militare di Stati Uniti e Regno Unito. 

Mappa della rotta alternativa al Canale di Suez, intorno al Capo di Buona Speranza

Se le navi vogliono arrivare nel Mediterraneo evitando Suez non hanno scelta: devono circumnavigare l'Africa dal Capo di Buona Speranza, con tempi che vanno dai 10 ai 15 giorni di navigazione in più e costi maggiori, come mostrano i dati e le testimonianze raccolte da Today.it nel settore delle spedizioni via mare. L'effetto sui principali porti italiani si vede già, le conseguenze peggiori sui prezzi sono all'orizzonte e potrebbero riportare Italia ed Europa indietro nel tempo, alle incertezze economiche causate dall'invasione russa dell'Ucraina e a una nuova inflazione.

Gli Houthi mandano in crisi il Mar Rosso: è già peggio del Covid

L'impatto negativo della crisi nel Mar Rosso sul commercio globale ha già superato quello della pandemia. Ha fatto di peggio solo la "Ever Given", la gigantesca nave mercantile che ha bloccato il Canale di Suez per sei giorni nel marzo 2021. A parte questa eccezione, "la crisi del Mar Rosso è il singolo evento più grande, addirittura più grande dell'impatto iniziale della pandemia", sostiene Alan Murphy, amministratore delegato di Sea-Intelligence, una delle principali società di consulenza nel settore della logistica marittima.

Secondo i dati aggiornati della piattaforma Portwatch del Fondo monetario internazionale elaborati da Today.it, il traffico navale nel Canale di Suez a gennaio 2024 è diminuito di oltre il 37 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e del 52 per cento nello Stretto di Bab el-Mandeb. Al contrario, la rotta alternativa intorno al Capo di Buona Speranza che circumnaviga l'Africa è cresciuta del 70 per cento. Il crollo del traffico delle navi mercantili nel Mar Rosso, a favore della rotta alternativa, è evidente nel grafico sotto.

Grafico sul crollo delle rotte navali per Suez coinvolte nella Crisi nel Mar Rosso

Un esempio: il 21 gennaio 2024 sono passate 46 navi dal Canale di Suez. Nello stesso giorno del 2023 erano 73. Stati Uniti e Regno Unito, con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada, Paesi Bassi e Nuova Zelanda, hanno messo a segno diversi attacchi militari contro gli Houthi, in Yemen. Ma le navi commerciali continuano a essere prese di mira dai ribelli. Anche l'Italia sarà presente nel Mar Rosso con una missione navale europea. Secondo gli ultimi dati rilevati dalla multinazionale della logistica Kuehne + Nagel, 215 navi tuttora in viaggio con 2,7 milioni di container sono già state costrette a cambiare rotta. 

I timori del settore marittimo, Maersk: "Costi aumentati del 50 per cento"

Maersk è un'azienda danese tra le più importanti al mondo. Contattata da Today.it, la società ha risposto che i costi delle spedizioni, per la rotta alternativa a Suez intorno all'Africa, sono aumentati del 50 per cento a causa di un viaggio lungo oltre 6 mila chilometri in più, equivalenti a 3280 miglia nautiche (nella mappa qui sotto). 

Esempio della rotta intorno al Capo di Buona Speranza, più lunga di quella per il Canale di Suez

Nel suo ultimo aggiornamento, Maersk definisce la situazione nel Mar Rosso "estremamente instabile e tutte le informazioni disponibili confermano che il rischio per la sicurezza rimane a un livello significativo". Le preoccupazioni nel settore abbondano: secondo un sondaggio condotto da Freightos, piattaforma digitale di prenotazione merci nelle spedizioni internazionali, la maggior parte degli importatori per le piccole e medie imprese è preoccupata per l'impatto della crisi sulle rotte commerciali e dei conseguenti aumenti di costo. 

Assarmatori e Federagenti: "Temiamo durata della crisi e Capodanno cinese"

In Italia il settore è cauto sulle previsioni e guarda alle prossime settimane, soprattutto alle conseguenze del Capodanno cinese. Come ogni anno (lo si vede dai pallini rossi nel grafico qui sotto), i festeggiamenti in Cina diminuiranno il numero di container disponibili in circolazione proprio mentre la domanda aumenta, visto che i container restano impegnati più a lungo per le nuove rotte. Così, i costi delle spedizioni possono solo aumentare.

Grafico sul numero di container in circolazione durante crisi del Mar Rosso e Capodanno cinese

"Navighiamo a vista e un'emergenza con le caratteristiche di quella in atto rende impossibile qualsiasi previsione, anche sul breve termine - dice a Today.it Stefano Messina, presidente di Assarmatori -. Allo stato attuale l'impatto economico dovuto all'escalation della tensione nel Mar Rosso e nello Stretto di Hormuz ha prodotto per il sistema-Italia effetti contenuti: i prezzi del petrolio e del gas sono stabili e la stessa considerazione vale per le materie prime e per i noli, sia quelli relativi ai carichi secchi sia per i trasporti di carichi liquidi. Si segnalano incrementi delle rate di nolo per il trasporto containerizzato, in particolare per l'import dall'Estremo Oriente. Se questa crisi dovesse protrarsi, allora i problemi potrebbero essere decisamente più rilevanti".

Il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, ha definito la situazione "ancora troppo incerta e fluida per formulare previsioni o definire analisi sull'andamento dei prezzi finali della merce. Di certo cominciano a muoversi pericolosamente indicatori relativi al rincaro delle materie prime e dei prodotti energetici. I prodotti al consumo e quelli riservati alla grande distribuzione potrebbero subire un effetto domino, a causa dell'imminente Capodanno cinese che blocca per settimane l'attività in Cina. E per l'allungamento delle rotte e il costante riassestamento dei tempi di spedizione e consegna potranno subire impatti crescenti, sia in termini di indisponibilità di talune categorie di merce, sia in termini di aumento dei prezzi".

I porti italiani soffrono: spedire da Shanghai a Genova costa 4 volte di più

L'impatto della crisi nel Mar Rosso è già evidente nei porti italiani. Secondo i dati della piattaforma Portwatch elaborati da Today.it, nei primi sei porti nazionali (Venezia, Trieste, Genova, Gioia Tauro, Augusta e Livorno) rispetto al mese di novembre il traffico è diminuito, con punte di oltre il 20 per cento. Come si vede dal grafico sotto, il picco è stato toccato a fine dicembre, con circa il 21 per cento di navi in meno rispetto al mese precedente. 

Grafico sugli effetti della crisi nel Mar Rosso nei porti italiani

A gennaio 2024 c'è stata una graduale ripresa, ma il numero di navi è ancora dell'11 per cento inferiore. Perché ci sono meno navi nei porti italiani? Perché quelle che dovevano arrivare tramite il Canale di Suez sono in ritardo, a causa del giro più lungo intorno all'Africa. E il tempo in più che le navi passano in mare comporta nuovi e maggiori costi per le spedizioni.

Gli ultimi dati forniti dalla società di analisi Drewry dicono che per trasportare un container tipo da Shanghai a Genova, il costo è aumentato di oltre quattro volte, da 1.400 a 6.365 dollari. Quella ligure è diventata la rotta europea più costosa: di conseguenza, i porti europei del Nord potrebbero diventare più attrattivi di quelli italiani, timore già espresso da diversi esponenti del settore.

Grafico che mostra l'aumento del costo per spedire un container da Shanghai a Genova

I prezzi salgono, di nuovo: 95 milioni di euro al giorno di danni

Secondo stime di Bankitalia,  il trasporto navale attraverso il Mar Rosso riguarda più le importazioni italiane, circa il 16 per cento del totale, che le esportazioni. Su questa rotta transita una larga parte degli acquisti dalla Cina e altre merci arrivano dalle economie dell'Asia orientale o dai paesi del Golfo Persico esportatori di gas e petrolio.

Tra i settori più interessati c'è la moda: un terzo delle importazioni italiane della filiera arriva dal Mar Rosso, ma le quantità sono elevate anche per i prodotti metalmeccanici, che costituiscono quasi il 30 per cento dei volumi delle importazioni italiane. Alcune regioni sono più esposte di altre: per Confartigianato, il valore più alto di prodotti trasportati attraverso il Mar Rosso è quello della Lombardia, pari a 12,9 miliardi di euro, seguita da Emilia-Romagna con 9,4 miliardi, Veneto con 5,7 miliardi, Toscana con 4,7 miliardi, Piemonte con 4,2 miliardi e Friuli-Venezia Giulia con 2 miliardi.

Il danno c'è già: secondo i calcoli di Confartigianato, negli ultimi 3 mesi l'Italia ha perso 3,3 miliardi di euro per mancate o ritardate esportazioni e 5,5 miliardi per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri. Una perdita totale di quasi 9 miliardi: fanno oltre 95 milioni di euro ogni giorno.

Ora c'è il timore che tutto ricada sui consumatori. Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, ha calcolato che uno shock simile potrebbe far crescere i prezzi in Italia e in Europa dell'1,8 per cento. Tutto dipenderà dalla durata della crisi e dall'eventuale reazione della Bce: un grosso, nuovo, elemento di incertezza per il 2024.

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Elon Musk contrasta le auto elettriche cinesi - Virgilio

Elon Musk suona la carica e lancia un allarme preoccupante per il settore automotive occidentale. I pericoli vengono da oriente, precisamente dalla Cina che sta galoppando velocemente per arrivare in testa alla piramide e, dopo di che, dominare tutta la scena globale. Solitamente le previsioni dell’esuberante patron di Tesla si avverano, vedremo se anche stavolta avrà ragione. Sicuramente, per la filiera italiana e, più in generale, europea non sarebbe propriamente un vantaggio. Vedremo.

Musk ha battezzato i competitors cinesi come coloro che hanno una crescita migliore di tutti gli altri, definendoli addirittura come i “più competitivi al mondo“. Quali sono però i rischi effettivi che vengono corsi da Tesla e da tutti gli altri marchi del mondo occidentale? Il magnate americano avverte in modo esplicito: “Se non saranno imposte barriere commerciali, demoliranno la maggior parte delle case automobilistiche” a livello globale.

La Cina nel mirino di Musk

Il dito di Elon Musk è puntato soprattutto verso un interlocutore, Byd, il colosso che annovera persino Warren Buffett fra i suoi azionisti e che ha tolto a Tesla la corona di regina del globale nel campo delle macchine alla spina. I commenti di Musk non rimarranno soltanto nell’etere, sono destinati a risuonare furiosamente anche nella campagna presidenziale in corso negli USA. Il presidente in carica, Joe Biden, sarebbe determinato a non permettere alla Cina di controllare il mercato delle auto elettriche. Donald Trump, principale antagonista alla Casa bianca e leader dei repubblicani, oltre ad aver criticato le elettriche poco tempo fa, è arrivato a proporre dazi del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti e a revocare lo status della Cina di uno dei Paesi favoriti dagli Stati Uniti per gli scambi commerciali.

Non ci sono opportunità ovvie per una partnership con un rivale cinese“, ha aggiunto Musk, sottolineando tuttavia che Tesla è aperta a fornire ai rivali cinesi l’utilizzo della sue rete di caricatori e la concessione in licenza di altre importanti tecnologie.

Tesla combatte sul mercato

Per aumentare la domanda e contrastare la furiosa concorrenza, il miliardario si è tuffato nell’ultimo anno in un taglio radicale dei prezzi che ha ridotto, non di poco, i margini di Tesla e fatto arrabbiare gli investitori. Il quarto trimestre si è concluso con un utile netto più che raddoppiato a 7,9 miliardi di dollari ma soltanto tramite una tantum fiscale, mentre i ricavi sono risultati più bassi delle attese degli analisti, nonostante la Model Y sia diventata l’auto più venduta del pianeta.

Risultati che non conquistano e che penalizzano Tesla soprattutto a Wall Street, dove gli osservatori non sono rimasti impressionati neanche dall’annuncio sull’avvio della produzione a metà del 2025 nell’impianto situato in Texas di un’auto elettrica low cost, chiamata Redwood. I titoli infatti sono crollati fino a perdere quasi il 10% gettando un’ombra sulla marcia al rialzo quasi senza sosta delle magnifiche sette, le big tecnologiche che stanno spingendo i listini americani. Nel mostrare i conti del trimestre Musk ha elaborato la sua richiesta di far entrare in Tesla una maggiore presenza di intelligenza artificiale, senza dover essere costretto ad andare in altri lidi.

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Thursday, January 25, 2024

Tesla delude gli investitori: nel quarto trimestre ’23 “solo” 8 miliardi di utili - Il Fatto Quotidiano

Poco meno di 8 miliardi di utili in un trimestre a prima vista non sono un pessimo risultato, ma nel caso di Tesla la cifra è deludente. Anche perché – stando ai dati relativi al quarto trimestre 2023 – la casa automobilistica guidata da Elon Musk è stata favorita, tra ottobre e dicembre 2023, da un vantaggio fiscale una tantum di 59 miliardi. Su base omogenea, l’utile netto si è dunque attestato in realtà a 2,48 miliardi di dollari (-39% su un anno), con un valore per azione di 71 centesimi. Dati sotto le previsioni degli analisti, che scommettevano rispettivamente su 2,69 miliardi e 73 centesimi. Non a caso il titolo sta perdendo molto terreno alla borsa di Francoforte, secondo listino di quotazione insieme al Nasdaq.

Il miliardario fondatore dell’azienda ha reagito a modo suo: “Il protezionismo e i dazi sono l’unica cosa che potrà fermare il dominio delle case automobilistiche cinesi che altrimenti finiranno per demolirci“, ha detto. Il riferimento è soprattutto alla casa di auto elettriche cinese Byd nel cui capitale figura anche il re degli investitori di Wall Street Warren Buffett.

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Ok finale del cdm al decreto sul concordato preventivo biennale. Il governo lo apre a tutte le partite Iva legittimando l’evasione

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Wednesday, January 24, 2024

Nel Mar Rosso serve la Marina italiana (ma non per finta) - ilGiornale.it

Da quando gli Houthi dello Yemen hanno iniziato a inviare droni e a lanciare missili forniti dall'Iran contro le navi in transito nel Mar Rosso - dicono di voler attaccare Israele ma in pratica non hanno ancora attaccato nemmeno una nave israeliana - nessun grande Paese, nessun membro del G7 o del G20, ha subito danni economici maggiori dell'Italia.

In realtà, i danni effettivi alle navi sono stati insignificanti: le armi iraniane non sono molto avanzate e gli Houthi non sono tiratori particolarmente abili. In compenso, il danno per l'economia mondiale è già considerevole e sta diventando enorme, dato che le compagnie di navigazione, viste le crescenti spese assicurative, hanno dirottato il traffico dal Canale di Suez e dal Mediterraneo e ora preferiscono circumnavigare il Capo di Buona speranza. Questo danneggia tutti, ma l'Italia molto più di altri Paesi, perché non ha porti atlantici, e i porti italiani stanno tutti soffrendo per il calo del traffico, che si aggrava ogni giorno di più. È una semplice questione di geografia: invece di 9.911 miglia nautiche dal porto di Genova a quello di Shanghai attraverso Suez e il Mar Rosso, il giro dell'Africa è di 14.994 miglia nautiche (27.768 chilometri), con tutti i costi aggiuntivi che ciò comporta per le navi e il loro carburante. In pratica però molti scambi commerciali non vengono semplicemente dirottati: vengono del tutto persi, perché i costi aggiuntivi brucerebbero del tutto i margini di guadagno.

È quindi una fortuna che l'Italia abbia di gran lunga la marina più forte del Mediterraneo, in grado di raggiungere rapidamente il Mar Rosso attraverso Port Said e il Canale di Suez e scendere al largo delle coste dello Yemen per intercettare missili e droni Houthi, per la gioia anche degli egiziani. A differenza delle navi della US Navy e della Royal Navy che provengono da basi molto più lontane, la Marina italiana ha una grande base a Taranto a sole 940 miglia nautiche da Port Said, che facilita ogni aspetto delle operazioni navali, dalla facilità di rinforzi e avvicendamento alla consegna di munizioni aggiuntive e pezzi di ricambio.

Non ci sono dubbi nemmeno sulla forza navale dell'Italia. Delle quattro navi descritte molto modestamente come cacciatorpedinieri lanciamissili, due - la «Caio Duilio» e l'«Andrea Doria», con oltre 7.000 tonnellate di stazza - sono in realtà incrociatori, mentre le altre due, con 5.000 tonnellate di stazza, sono anch'esse grandi navi da guerra. E sebbene la loro categoria implichi che siano armate solo per affondare torpedinieri (motosiluranti), in realtà sono dotate anche di missili antiaerei sia a corto raggio sia a medio raggio, progettati per distruggere i missili antinave più avanzati e gli aerei da attacco. Potrebbero sicuramente intercettare con estrema facilità qualsiasi missile che l'Iran possa fornire agli Houthi, mentre i loro cannoni a tiro rapido da 76mm possono abbattere qualsiasi drone che si avvicini abbastanza da fare danni.

Per questa classe di navi, una missione in Mar Rosso a protezione della navigazione per il bene dell'economia italiana fornirebbe un eccellente addestramento antiaereo: invece di utilizzare bersagli aerei acquistati a costi considerevoli, potrebbero addestrarsi gratuitamente contro i missili iraniani e i droni gentilmente offerti dagli Houthi.

Ma questo sarebbe l'unico motivo per inviare navi così grandi a proteggere la navigazione del Mar Rosso, perché la Marina Militare dispone anche di otto moderne fregate missilistiche (anche questa una denominazione molto modesta per navi da guerra di 6.900 tonnellate di dislocamento), alcune delle quali hanno anche capacità antisommergibile aggiuntiva, ma il cui armamento principale è progettato per intercettare aerei e missili d'attacco con il modernissimo e super-efficace missile Aster, oltre al cannone a tiro rapido da 76mm che può facilmente distruggere qualsiasi drone a portata di tiro. Due o tre di queste navi sarebbero sufficienti per offrire una protezione molto efficace in quella parte del Mar Rosso che è a portata dei proiettili Houthi.

Per la Marina Militare si tratterebbe di una missione molto diversa da qualsiasi altra degli ultimi tempi, perché il suo scopo non sarebbe solo quello di «contribuire all'Alleanza Atlantica» con la sua presenza in bella vista, ma piuttosto di servire in modo molto diretto importanti interessi nazionali italiani. E se si decidesse di inviare sia una nave più grande come un'ammiraglia, sia tutte le fregate disponibili, l'Italia potrebbe addirittura sollevare le marine statunitensi e britanniche dai compiti di pattugliamento e assumersi la responsabilità esclusiva di proteggere la navigazione nel Mar Rosso. Ciò significherebbe che l'Italia diventerebbe immediatamente la potenza più importante per l'Egitto, che sta soffrendo molto per la perdita dei proventi del Canale di Suez, e per l'Arabia Saudita, il cui porto di Gedda è essenziale per l'economia non petrolifera del Paese.

Sono fiducioso che l'attuale dirigenza della Marina Militare abbia le capacità e il carattere per servire il Paese nel Mar Rosso, portando avanti un'operazione non solo simbolica ma sostanziale, al servizio di interessi reali sia economici sia diplomatici.

Ma per questo la Marina italiana dovrebbe far parte della rete di intelligence dell'operazione «Prosperity Guardian» con gli Stati Uniti, il Regno Unito, l'Australia, il Canada, la Danimarca - dove ha sede la gigantesca compagnia di navigazione Maersk - la Grecia, che ha ancora una vasta flotta commerciale, i Paesi Bassi, la Norvegia e Singapore. Senza questa rete di intelligence è semplicemente impossibile coordinarsi istantaneamente su minacce e obiettivi in tutta l'area interessata del Mar Rosso.

Al momento però la Marina Militare farebbe parte solo della missione «Aspis» dell'Unione Europea con Francia e Germania, le quali non hanno né la volontà né la capacità di proteggere effettivamente la navigazione, rilevando i missili e poi intercettandoli. Il fatto che il governo italiano non voglia essere associato agli attacchi aerei statunitensi contro le basi missilistiche e di droni degli Houthi è del tutto irrilevante: la condivisione dell'intelligence è questione del tutto separata dalle operazioni delle portaerei e dagli attacchi contro le basi missilistiche e di droni degli Houthi sulla terraferma. Australia, Canada, Danimarca, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia e Singapore fanno parte della «Prosperity Guardian» senza essere coinvolti in alcun modo negli attacchi aerei statunitensi.

Se il governo italiano ha scelto «Aspis» per garantire che la Marina Militare non faccia nulla di utile nel Mar Rosso - proprio come i Paesi che mandano le loro truppe all'unità Onu in Libano UNIFIL perché non cerca mai e poi mai di far rispettare qualsiasi decisione dell'Onu contro Hezbollah -, questa decisione solleva la questione del valore della Marina Militare per il contribuente italiano. Ma ciò che mi preoccupa di più è l'effetto sul morale delle persone migliori della Marina, che sono professionalmente pronte e personalmente desiderose di fare il loro dovere.

traduzione a cura di Marco Zucchetti

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eBay licenzierà circa 1.000 dipendenti, il 9 per cento di tutti i propri lavoratori - Il Post

La società di e-commerce eBay ha annunciato che licenzierà circa 1.000 dipendenti, il 9 per cento di tutti i propri lavoratori. L’amministratore delegato Jamie Iannone ha spiegato in una nota che «mentre stiamo facendo progressi per quanto riguarda la nostra strategia, il nostro organico complessivo e le nostre spese hanno superato la crescita della nostra attività» e che per affrontare questo problema sono necessari licenziamenti.

Nel 2023 molte grandi aziende tecnologiche, tra cui Alphabet, Meta, Microsoft e Amazon, hanno licenziato decine di migliaia di persone per ridurre i costi, dopo che una crisi generalizzata aveva colpito tutto il settore. Sembra che questa tendenza stia proseguendo anche nel 2024: negli scorsi giorni alcune società di proprietà di Amazon e Google avevano annunciato centinaia di licenziamenti.

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Tuesday, January 23, 2024

Le Borse di oggi, 23 gennaio. L'Europa si indebolisce dopo una buona partenza, spinta dalle voci di sostegno cinese ai mercati - la Repubblica

MILANO – Le Borse europee si indeboliscono dopo una partenza positiva, sostenuta dal buon andamento del comparto asiatico e chiudono fiacche. A spingere gli scambi cinesi in particolare erano state le ipotesi di intervento delle autorità che – secondo quanto riferito da Bloombergstarebbero valutando un sostegno ai mercati azionari del controvalore di 278 miliardi di dollari. Le decisioni della Bank of Japan di lasciare i tassi invariati, ampiamente previste dai mercati, non smuovono così il Nikkei che termina con un flebile -0,08%. Spread poco variato, con il rendimento del decennale italiano in lieve crescita.

L’Europa chiude fiacca

Le Borse europee chiudono fiacche mentre si attendono le prossime mosse sul taglio dei tassi d'interesse. Dopo la banca centrale del Giappone, con la politica monetaria invariata, e la fiducia dei consumatori in calo, si attendono le decisioni la Bce la cui riunione è fissata per giovedì. Intanto i rendimenti dei titoli di Stato registrano un sensibile rialzo. Concludono in calo Parigi e Francoforte (-0,34%) mentre è poco mossa Londra (-0,03%)

In calo il prezzo del petrolio

Dopo una partenza poco mossa, i prezzi del petrolio viaggiano in calo: il mercato oscilla tra le rassicurazioni dovute all'aumento dell'offerta di greggio in Norvegia (la produzione è salita a 1,85 milioni di barili al giorno) e le preoccupazioni per l'escalation della tensione in Medioriente. Il Brent è tornato al di sotto degli 80 dollari al barile e passa di mano a 79,88 dollari al barile in calo dello 0,22%. Il Wti cede invece lo 0,05% e viene scambiato a 74,72 dollari al barile.

Eurozona, cala la fiducia dei consumatori

A gennaio, la stima flash della Commissione europea dell'indicatore di fiducia dei consumatori è rimasta sostanzialmente stabile nell'Ue (-0,2 punti percentuali da dicembre a -16,2), mentre è scesa di 1 punto percentuale nell'area dell'euro portandosi -16,1. L'indicatore resta ben al di sotto della media di lungo periodo.

Wall Street apre contrastata

Wall Street apre contrastata. Il Dow Jones perde lo 0,16% a 37.943,44 punti, il Nasdaq sale dello 0,20% a 15.395,94 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dello avanza dello 0,1% a 4.854,56 punti.

Le Borse Ue procedono deboli

Le Borse europee procedono miste con Londra e Francoforte che oscillano intorno alla parità, Milano che perde lo 0,12%, Parigi che cede lo 0,18% e Madrid che arretra dello 0,68%. Tra i titoli migliori, Siemens Energy (+5%) Volkswagen (+5,09%) e Zalando (+4,65%)). Male invece Rheinmetall (-1,87%) e Commerzbank (-0,37%).

Piazza Affari sotto 30mila punti

La Borsa di Milano cede lo 0,64% e scende sotto i 30mila punti (29.991) agguantati a dicembre scorso. A pesare sull'indice sono le vendite su Stellantis (-2,18%), Ferrari (-1,79%) e Leonardo (-1,82%) con Bnp Paribas che, in questo caso, ha tagliato la raccomandazione a 'underperform' da 'outperform'. Sempre bene Mps (+1,6%) con gli analisti che stimano già il ritorno del dividendo con i conti 2023. A seguire Saipem (+1,08%) e Campari (0,98%) con il 'buy' di Citi e il prezzo obiettivo a 10,5 euro. Lo spread tra Btp e Bund resta stabile a 156 punti con il rendimento del decennale italiano che si conferma in rialzo ed è al 3,86%.

Eni, via al supercomputer. Descalzi: “Rilanciamo le nostre ambizioni”

Eni avvia la realizzazione di un nuovo sistema di supercalcolo, l'High Performance Computing HPC6 per il potenziamento della capacità computazionale del Green Data Center che rederà possibili fino a un picco di 600 milioni di miliardi di operazioni matematiche complesse al secondo. Una nota spiega che l'architettura di HPC6 è stata concepita con la stessa tecnologia che costituisce i sistemi a oggi più potenti in Europa e nel mondo: il sistema e il relativo storage saranno forniti da Hewlett Packard Enterprise, vincitore della gara che ha coinvolto i principali player a livello mondiale. "In linea con il continuo impegno per sostenibilità – si legge - HPC6 avrà prestazioni energetiche che efficientano i consumi e minimizzano le emissioni di carbonio e sarà installato in un'area dedicata presso il Green Data Center dove è stato realizzato un nuovo sistema di raffreddamento a liquido per una gestione ancora più sostenibile ed efficiente". Tramite il nuovo supercalcolatore HPC6 "continuiamo a supportare in modo determinante la nostra leadership tecnologica, riaffermando il ruolo di Eni nel supercalcolo, e rilanciamo le nostre ambizioni nell'ambito delle infrastrutture a esso dedicate", il commento dell'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi.

Hong Kong chiude in rally: +2,6%

Chiusura in rally per la Borsa di Hong Kong che rimbalza dopo un difficile avvio d'anno sull'attesa di misure del governo cinese per sostenere i mercati. L'indice Hang Seng sale del 2,63% a 15.353,98 punti. A Shanghai l'indice Composite è salito dello 0,53% a 2.770,98 punti, mentre il Shenzen Composite guadagna lo 0,95% a 1.626,60 punti. Secondo i media cinesi, il primo ministro cinese Li Qiang ha promesso misure più "energiche" per rilanciare i mercati anemici in un contesto di rallentamento della crescita. Secondo alcune indiscrezioni Pechino prevede di iniettare quasi 280 miliardi di dollari. Prima di questo rimbalzo, la Borsa di Hong Kong aveva perso oltre il 12% dall'inizio dell'anno.

I listini europei si indeboliscono

Le Borse europee, dopo un avvio positivo, si indeboliscono tutte. I listini guardano a giovedì quando è in calendario la riunione della Bce. Gli analisti non si attendono novità essenziali con la banca centrale che manterrà invariati i tassi di riferimento e ribadirà il suo approccio dipendente dai dati. Con la riunione di marzo è probabile che fornisca ulteriori indicazioni. L'indice d'area del Vecchio Continente, lo stoxx 600, cede un quarto di punto con tech e immobiliare sotto vendita. Tra le singole Piazze la peggiore e Milano (Ftse Mib -0,56%) poco sopra i 30mila punti. Marginali Francoforte (-0,18%), Parigi (-0,22%) e Londra +0,01%. Ancora in salita i rendimenti dei titoli di Stato. Il decennale italiano è al 3,87% (+4 punti base), il tedesco è al 2,3% (+2 punti base) e il francese al 2,8% (+2,3 punti base). Lo spread tra Btp e Bund, in rialzo rispetto a ieri, è stabile sui 156 punti. Per quanto riguarda le commodity, il petrolio è poco mosso (wti +0,04% a 74,8 dollari, brent +0,01% a 80 dollari) mentre il gas risale (+2%) con il prezzo che si avvicina ai 28 euro al megawattora. Sul fronte cambi, l'euro si apprezza sul dollaro con cui scambia a 1,0892 dollari.

le Borse europee aprono in positivo

Le Borse europee partono in positivo. Parigi guadagna lo 0,49% con il Cac 40 a 7.449 punti. Francoforte registra un +0,42% con il Dax a 16.753 punti. Anche Londra è in rialzo (Ftse 100 +0,4% a quota 7.517 punti).

Ericsson, perdita da 2,3 miliardi nel 2023

Il gruppo svedese delle telecomunicazioni Ericsson ha chiuso il 2023 con una perdita netta di 26,1 miliardi di corone (2,3 miliardi di euro) sotto il peso della svalutazione della controllata americana Vonage, annunciata in autunno, e degli oneri di ristrutturazione. Il 2022 si era chiuso con un utile annuo di 19 miliardi di corone (1,66 miliardi di euro). I ricavi sono calati del 3% a 263,3 miliardi di corone (23,1 miliardi di euro) e sono stati inferiori alle previsioni degli analisti mentre a livello di perdite nette il risultato è in linea con il consensus. Per il 2024 il gruppo si aspetta che il mercato si mostri ancora debole con un quadro di incertezza simile a quello del 2023, ha detto il ceo Borje Ekholm. Nell'ultimo trimestre dell'esercizio le vendite sono scese del 16% a 71,9 miliardi di corone mentre l'utile operativo è calato dell'8% a 7,4 miliardi di corone

Lo spread sale a 157 punti

Lo spread tra Btp e Bund apre in rialzo. In avvio il differenziale sale a 157 punti dai 154 della chiusura di ieri. Anche il rendimento del decennale italiano cresce di quasi 3 punti base al 3,86%.

Il gas apre in rialzo ad Amsterdam

Apertura di seduta in rialzo per il gas all'hub Ttf di Amsterdam. Il future con scadenza febbraio segna un prezzo di 27,60 euro al Megawattora, per un guadagno dell'1,23%.

L’India supera Hong Kong, è il quarto mercato del mondo

L'India supera per la prima volta Hong Kong come quarto mercato azionario più grande al mondo in scia sia alle difficoltà economiche della Cina che hanno ostacolato lo sviluppo dei listini dell'ex colonia britannica, sia alle prospettive di crescita e alle riforme politiche promosse da New Delhi che hanno reso il Paese una delle mete preferite degli investitori internazionali. Secondo i dati compilati da Bloomberg, la capitalizzazione complessiva delle Borse indiane ha raggiunto i 4.330 miliardi di dollari alla chiusura di lunedì contro i 4.290 miliardi di Hong Kong, dopo aver tagliato quota 4.000 appena il 5 dicembre 2023.

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Le Borse di oggi, 23 gennaio. L'Europa si indebolisce dopo una buona partenza, spinta dalle voci di sostegno cinese ai mercati - la Repubblica
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Tavares, 'bene arrivo incentivi auto ma persi nove mesi' - Ultima ora - Ansa.it - Agenzia ANSA

"Abbiamo chiesto al governo di sostenerci nella produzione di veicoli elettrici. Vogliamo raggiungere il traguardo di un milione di veicoli prodotti, ma ma dobbiamo avere sostegni alla produzione. Da nove mesi chiediamo un sostegno per la vendita di veicoli. Vorrei ringraziare governo che lancerà a febbraio incentivi, ma abbiamo perso nove mesi". Lo ha detto Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis.
   

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Dal Mar Rosso la nuova crisi dei prezzi in Italia: 95 milioni di danni al giorno - Today.it

Lo stretto di Bab el-Mandeb è la porta che da sud conduce al Canale di Suez e al Mar Mediterraneo. Si trova all'imbocco del Mar Rosso  e...