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Sunday, April 18, 2021

Bitcoin, perché tutti li vogliono nel pieno di una pandemia - L'HuffPost

NurPhoto via Getty Images

Coinbase logo displayed on a phone screen and representation of Bitcoin are seen in this illustration photo taken in Krakow, Poland on April 15, 2021 (Photo by Jakub Porzycki/NurPhoto via Getty Images)

L’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti li definisce “il nulla, certificato dal nulla”. Elon Musk ne è uscito pazzo, investendo un miliardo e mezzo di dollari e promettendo di accettarli in pagamento per le sue Tesla. Il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ci ha messo su un chip da 170 milioni di dollari. Stiamo parlando dello strumento finanziario più divisivo del momento: i bitcoin. I bitcoin sono una specie di moneta digitale, che però di moneta per ora ha ben poco, come vedremo, ma che oggi sta sulla bocca di tutti per l’incredibile cavalcata degli ultimi sei mesi: nell’ottobre scorso valeva attorno ai 10mila dollari, oggi è a quota 60mila, ingolosendo non più solo i navigati trader di Borsa ma anche i piccoli risparmiatori, stufi dei rendimenti stitici che questa lunga era di tassi bassi sta portando con sé. Tanto che Coinbase, la prima piattaforma di scambi dedicata, in settimana è stata quotata al Nasdaq riscuotendo parecchio successo, pareggiando la capitalizzazione di mostri sacri come Goldman Sachs ad esempio. Il problema è che mettere i propri risparmi sulle criptovalute e su tutto quello che gira intorno è una delle cose più rischiose che può fare un investitore non professionale. Perché la pericolosa febbre da bitcoin è uno degli effetti collaterali della pandemia: quando i mercati smetteranno di essere dopati dalle banche centrali di mezzo mondo, è probabile che anche i valori delle criptovalute torneranno a livelli meno gonfiati.

E’ innegabile che uno dei principali motivi della fortuna dei bitcoin sta nel fatto che sui mercati non c’è mai stata tanta liquidità come in questo momento. Per far fronte alla pandemia, le banche centrali stanno tenendo il costo del denaro praticamente a zero e contemporaneamente acquistano titoli di stato per evitare che i paesi che stanno facendo miliardi e miliardi di debito pubblico per sostenere le proprie economie vadano in difficoltà. Basti pensare che solamente nei primi tre mesi di quest’anno la Fed e il Tesoro americano hanno pompato nel sistema 750 miliardi. La Bce dal canto suo nell’ultimo anno ha fatto acquisti per ben 960 miliardi, e la stessa cosa stanno facendo la banca inglese e quella giapponese. In una situazione del genere, è normale che i vecchi investimenti finanziari “sicuri” di una volta, come i titoli di stato o i fondi obbligazionari, danno rendimenti prossimi allo zero e quindi spingono gli investitori verso mete più volatili e rischiose. Cosa meglio quindi dei bitcoin, che nella vulgata comune somigliano a una specie di moneta digitale mondiale del futuro?

Il problema è che i bitcoin non sono per ora una moneta ma “uno strumento finanziario altamente speculativo”, come detto da Jerome Powell, il capo della Fed americana. “Nessuno li utilizza come pagamenti, ad esempio, come il dollaro. Mentre si usano per attività speculative. Le criptovalute rappresentano in questo senso quello che per circa 100 anni ha rappresentato l’oro”. Una specie di oro digitale, quindi. “Sicuramente i bitcoin sono degli asset speculativi: chi li compra lo fa solo per rivenderli a un prezzo più alto - concorda Luca Fantacci, condirettore presso Unità di ricerca MINTS, Monetary Innovation New Technologies and Society della Bocconi -. In comune con l’oro hanno effettivamente diverse cose. Intanto sono una risorsa scarsa, non replicabile all’infinito, che invece è una caratteristica propria del digitale. E poi, come l’oro, sono un asset che viene usato come riserva di valore. Anche se a differenza dell’oro le criptovalute non hanno una consistenza materiale, non vengono utilizzati per usi industriali, non li troviamo nella nostra vita comune”.

Oro digitale o meno, di certo non sono una valuta. E non lo sono per un semplice motivo: almeno per ora non vengono accettati comunemente come mezzi di pagamento, nonostante quello che pensi o faccia Musk. “Ma anche se lo fossero, per essere una vera e propria moneta i bitcoin dovrebbero avere altre due caratteristiche che attualmente non hanno: la stabilità di valore e il corso legale - sottolinea Fantacci -. I bitcoin hanno una volatilità estrema che non li rende affidabili: chi avrebbe fiducia in una moneta che da un mese all’altro può perdere il 30% del suo valore? E poi dovrebbero essere accettati come strumento di pagamento dallo Stato: se non ci posso pagare le tasse, che ci faccio?”.

Quindi per ora le criptovalute sono più un gioco per chi immagina guadagni facili in Borsa. Ma come tutti i giochi di questo tipo è estremamente pericoloso. Citando Bill Gates, uno che di digitale se ne intende: “Se non avete i soldi di Musk, state attenti ai bitcoin”.

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