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Thursday, September 30, 2021

Quali entrate riducono l'importo spettante del reddito di cittadinanza - InvestireOggi.it

Quali entrate riducono l'importo spettante del reddito di cittadinanza

Vediamo quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza. Visto che sono tanti i fattori che possono incidere sulla somma erogata e caricata, mese dopo mese, sulla carta del reddito di cittadinanza.

Prima di tutto, su quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza, c’è da dire che il sussidio si compone di due quote. Una quota che è di sostegno al reddito, ed un’altra quota che è accessibile, e quindi aggiunta, solo se la famiglia vive in affitto. Oppure se sta pagando sulla prima casa di proprietà un mutuo.

Quindi, su quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza, le famiglie a parità di tutti gli altri requisiti prendono un sussidio più alto con un mutuo da pagare. Oppure se pagano un canone di locazione.

Quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza?

Per quel che riguarda invece la quota di sostegno al reddito, l’importo del sussidio tende ad abbassarsi in maniera inversamente proporzionale al numero dei componenti del nucleo familiare. In quanto la quota di sostegno al reddito viene calcolata e riconosciuta in base alla scala di equivalenza.

Inoltre, su quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza, più alto è l’ISEE, minore sarà l’importo del reddito di cittadinanza riconosciuto. Fermo restando che attualmente il reddito di cittadinanza è off-limits se l’ISEE supera la soglia dei 9.360 euro annui.

Quali sono gli importi massimi spettanti per il reddito di cittadinanza

Per la quota relativa agli immobili, il contributo rata del mutuo per il reddito di cittadinanza arriva ad un massimo di 1.800 euro annui per le famiglie con un finanziamento ipotecario da onorare.

Mentre si sale ad un massimo di 3.360 euro annui per le famiglie che vivono in affitto.

La quota di integrazione reddituale, invece, può variare da un minimo di 6.000 euro ad un massimo di 13.200 euro annui. Si tratta di un’ampia variabilità in quanto il calcolo, come sopra detto, non tiene conto solo su quali entrate riducono l’importo spettante del reddito di cittadinanza.

Ma anche sul numero dei componenti del nucleo familiare. Facendo distinzione tra adulti e minori. Ed anche facendo attenzione all’eventuale presenza, nel nucleo familiare, di persone in condizioni di disabilità grave o non autosufficienti.

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Quali entrate riducono l'importo spettante del reddito di cittadinanza - InvestireOggi.it
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Ita: compra 28 Airbus, partner strategico - Ultima Ora - Agenzia ANSA

(ANSA) - ROMA, 30 SET - Ita ha scelto Airbus quale "partner strategico per la flotta", firmando un Memorandum of Understanding con il gruppo per l'acquisto di 28 aeromobili, nello specifico: 10 Airbus A330neo, 7 aerei della famiglia Airbus A220 e 11 della famiglia A320neo, per questi ultimi "le consegne inizieranno dopo il completamento del Business Plan".
    Così la newco in una nota.
    Secondo indiscrezioni di stampa, il costo dei 28 aeromobili è di circa 1,5 miliardi.
    La newco ha anche siglato un accordo con la società Air Lease Corporation per la fornitura in leasing di altri 31 velivoli Airbus di nuova generazione, fra aerei di lungo, medio e corto raggio. Complessivamente Ita acquisirà nell'arco di piano "56 aerei Airbus in leasing a condizioni significativamente più vantaggiose di quelle riservate ad Alitalia", sottolinea la società. (ANSA).
   

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Tim punta al cloud nazionale con l’aiutino di Cassa depositi e prestiti - Il Fatto Quotidiano

Tim si prepara ad entrare nel vivo la battaglia per la conquista del cloud nazionale, la “libreria” virtuale dove verranno archiviati ed elaborati i dati sensibili della pubblica amministrazione. Con l’aiutino del governo che arriva indirettamente via Cassa depositi e prestiti, braccio finanziario dello Stato, in deciso conflitto d’interessi. Altro che sciogliere il nodo del ruolo “abbastanza anomalo” di Cdp, come aveva promesso mesi fa il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Il gruppo guidato da Dario Scannapieco, socio di Tim e della rivale Open Fiber, affiancherà l’ex monopolista delle telecomunicazioni nel progetto per il polo strategico nazionale del cloud. Non solo: accanto a Tim ci saranno anche altre due società controllate dallo Stato, Sogei e Leonardo. Vita dura per la cordata concorrente formata da due aziende private: Almaviva e Aruba.

Tutto questo accade mentre alcune fonti vicine al dossier sostengono che ai piani alti di Tim si stia valutando un’importante riorganizzazione che potrebbe portare ad un deciso ridimensionamento dell’organico, facendo riferimento a “15mila dipendenti di troppo”, cui forse solo una minima parte potrebbe essere assorbita dal progetto cloud: probabilmente il personale informatico e certamente i dipendenti della divisione cloud Noovle. “C’è un problema di competenze. Non si può spostare semplicemente il personale perché è necessario conoscere il business” spiega una fonte che si cela dietro l’anonimato. Tim risponde e precisa che “è destituita di ogni fondamento l’ipotesi che ci sia un piano di esuberi che riguarderebbe circa 15mila dipendenti”. Aggiungendo che “la proposta presentata nei giorni scorsi al Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale non prevede il trasferimento di alcun dipendente né di Tim né di Noovle“. Per ora c’è solo una certezza: se Tim dovesse vincere la gara per il cloud, ne beneficeranno i suoi conti che non sono particolarmente entusiasmanti. Basti pensare che nel primo semestre 2021, a livello consolidato, l’azienda ha perso il 2,5% di fatturato e il 18,5% di margine operativo lordo, mentre le perdite consolidate sono state di 45 milioni.

Con il progetto cloud in tasca, le cose andrebbero certamente meglio visto che l’ex monopolista deterrà il 45% della nuova società del cloud che sarà partecipata da Cdp al 20%, Leonardo al 25% e Sogei al 10 per cento. “Vincere la gara nel cloud della pubblica amministrazione sarebbe una notizia positiva per Tim perché le consentirebbe di crescere in questo particolare segmento– spiega una nota di Bestinver del 29 settembre – Inoltre il budget complessivo per la digitalizzazione della pubblica amministrazione stanziato dal governo ammonta a 1,9 miliardi”. Al momento, il cloud di Tim è ancora un affare da poche centinaia di milioni (500 milioni di vendite nette e 200 milioni di margine operativo lordo). Tuttavia la società prevede che già nel 2024 le vendite saliranno a 1,4 miliardi. A quel punto, come si legge nell’analisi di Bestinvest, “la quotazione del business del cloud (…) potrebbe aiutare TIM a svelare parte del suo valore nascosto”. Ne saranno soddisfatte le banche creditrici, prima fra tutte Intesa, fra i maggiori finanziatori dell’ex monopolista.

Meno entusiaste saranno invece le società informatiche inhouse delle Regioni che pure impiegano circa 15mila dipendenti a livello nazionale. Aziende pubbliche come Lepida, Liguria digitale, Insiel o Csi Piemonte che negli anni hanno sviluppato un proprio cloud offrendo spazio anche ai dati di enti pubblici, municipalizzate ed aziende sanitarie delle diverse regioni di riferimento. Anche loro, come Fincantieri o Poligrafico dello Stato, ambivano legittimamente a far parte del progetto del cloud pubblico nazionale mettendo a disposizione peraltro competenze sviluppate negli anni. E, invece, non solo rischiano di essere tagliate fuori dalla partita, ma anche di dover gestire personale in esubero per via del venir meno di uno dei driver di crescita più importanti per il futuro aziendale. Una disdetta per le regioni che, forti delle competenze cumulate negli anni, contavano di divenire un riferimento nazionale. Per non parlare dell’Inail che pure vanta un cloud di tutto rispetto.

Articolo aggiornato alle ore 19 del 30 settembre 2021

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Tim punta al cloud nazionale con l’aiutino di Cassa depositi e prestiti - Il Fatto Quotidiano

Tim si prepara ad entrare nel vivo la battaglia per la conquista del cloud nazionale, la “libreria” virtuale dove verranno archiviati ed elaborati i dati sensibili della pubblica amministrazione. Con l’aiutino del governo che arriva indirettamente via Cassa depositi e prestiti, braccio finanziario dello Stato, in deciso conflitto d’interessi. Altro che sciogliere il nodo del ruolo “abbastanza anomalo” di Cdp, come aveva promesso mesi fa il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Il gruppo guidato da Dario Scannapieco, socio di Tim e della rivale Open Fiber, affiancherà l’ex monopolista delle telecomunicazioni nel progetto per il polo strategico nazionale del cloud. Non solo: accanto a Tim ci saranno anche altre due società controllate dallo Stato, Sogei e Leonardo. Vita dura per la cordata concorrente formata da due aziende private: Almaviva e Aruba.

Tutto questo peraltro accade proprio mentre alcune fonti sostengono che ai piani alti di Tim si stia valutando un’importante riorganizzazione che potrebbe portare ad un deciso ridimensionamento dell’organico, facendo riferimento a “15mila dipendenti di troppo” cui forse solo una minima parte potrebbe essere assorbita dal progetto cloud: probabilmente il personale informatico e certamente i dipendenti della divisione cloud Noovle. “C’è un problema di competenze. Non si può spostare semplicemente il personale perché è necessario conoscere il business” spiega una fonte che si cela dietro l’anonimato. L’azienda precisa che “è destituita di ogni fondamento l’ipotesi che ci sia un piano di esuberi che riguarderebbe circa 15mila dipendenti”. E aggiunge che “la proposta presentata nei giorni scorsi al Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale non prevede il trasferimento di alcun dipendente né di Tim né di Noovle“. Per ora c’è solo una certezza: se Tim dovesse vincere la gara per il cloud, ne beneficeranno i suoi conti che non sono particolarmente entusiasmanti. Basti pensare che nel primo semestre 2021, a livello consolidato, l’azienda ha perso il 2,5% di fatturato e il 18,5% di margine operativo lordo, mentre le perdite consolidate sono state di 45 milioni.

Con il progetto cloud in tasca, le cose andrebbero certamente meglio visto che l’ex monopolista deterrà il 45% della nuova società del cloud che sarà partecipata da Cdp al 20%, Leonardo al 25% e Sogei al 10 per cento. “Vincere la gara nel cloud della pubblica amministrazione sarebbe una notizia positiva per Tim perché le consentirebbe di crescere in questo particolare segmento– spiega una nota di Bestinver del 29 settembre – Inoltre il budget complessivo per la digitalizzazione della pubblica amministrazione stanziato dal governo ammonta a 1,9 miliardi”. Al momento, il cloud di Tim è ancora un affare da poche centinaia di milioni (500 milioni di vendite nette e 200 milioni di margine operativo lordo). Tuttavia la società prevede che già nel 2024 le vendite saliranno a 1,4 miliardi. A quel punto, come si legge nell’analisi di Bestinvest, “la quotazione del business del cloud (…) potrebbe aiutare TIM a svelare parte del suo valore nascosto”. Ne saranno soddisfatte le banche creditrici, prima fra tutte Intesa, fra i maggiori finanziatori dell’ex monopolista.

Meno entusiaste saranno invece le società informatiche inhouse delle Regioni che pure impiegano circa 15mila dipendenti a livello nazionale. Aziende pubbliche come Lepida, Liguria digitale, Insiel o Csi Piemonte che negli anni hanno sviluppato un proprio cloud offrendo spazio anche ai dati di enti pubblici, municipalizzate ed aziende sanitarie delle diverse regioni di riferimento. Anche loro, come Fincantieri o Poligrafico dello Stato, ambivano legittimamente a far parte del progetto del cloud pubblico nazionale mettendo a disposizione peraltro competenze sviluppate negli anni. E, invece, non solo rischiano di essere tagliate fuori dalla partita, ma anche di dover gestire personale in esubero per via del venir meno di uno dei driver di crescita più importanti per il futuro aziendale. Una disdetta per le regioni che, forti delle competenze cumulate negli anni, contavano di divenire un riferimento nazionale. Per non parlare dell’Inail che pure vanta un cloud di tutto rispetto.

Articolo aggiornato alle ore 19 del 30 settembre 2021

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Milano: altri 9.600 euro per chi acquista l'auto elettrica - Vaielettrico.it

Milano avanti tutta con l’auto elettrica. Dopo il successo del primo bando da 8,5 milioni, l’amministrazione comunale ha stanziato altri tre milioni di euro. I generosi incentivi, ben 9.600 euro per l’auto elettrica, sono già a disposizione. Anzi bisogna muoversi perché si chiude con l’esaurimento dei fondi destinati a auto, motocicli e ciclomotori. Chi primo arriva…

Può partecipare ogni residente a Milano che ha già comprato un’auto elettrica nel 2021, sia chi la vuole acquistare ora. In teoria c’è tempo fino al 31 dicembre 2021 ma il rubinetto si può chiudere anche in pochi giorni. Vista la generosità del contributo (ai 9.600 euro locali si possono sommare quelli dell’ecobonus statale), è facile prevedere una corsa alla prenotazione dell’incentivo.

milano auto elettrica
Milano sempre generosa con chi acquista un’auto elettrica

Vale la rottamazione anche del diesel euro 6 e del benzina euro 3

Per ricevere i 9.600 euro del contributo per l’elettrica o l’auto a idrogeno  – l’incentivo è minore per chi acquista l’auto ibrida (elettrico/benzina ed elettrico/diesel) o bifuel – si amplia la categoria dei veicoli da rottamare. Per il diesel si arriva fino all’euro 6 e per la benzina all’euro 3. Il contributo è ridotto del 20% per chi non rottamerà e sceglierà invece la radiazione per esportazione all’estero di un veicolo diesel euro 5 e 6.

La scheda con gli incentivi auto

incentivi comune
La scheda con gli incentivi

Fondi per motocicli e ciclomotori

In una città come Milano ci si muove bene anche con lo scooter e la moto e, quindi, non mancano gli incentivi per questi mezzi. Per l’acquisto di un motoveicolo o ciclomotore  elettrico nuovo si ha diritto a un contributo pari al 60% del costo totale e fino al massimo di 3mila euro purché vi sia la contestuale demolizione di un veicolo  a benzina fino a Euro 3 oppure diesel fino a Euro 6. Vale anche per l’esportazione (solo diesel Euro 5 e 6). Oltre le auto si possono rottamare  motoveicoli o ciclomotori  a due tempi fino a Euro 3 incluso, benzina a quattro tempi fino a Euro 2 incluso.

Moto auto elettrica
Nel nuovo bando di Milano sono inclusi anche scooter, moto e bici elettriche

Il contributo viene concesso anche senza obbligo di radiazione ma cala fino al 40% del costo totale e fino a un massimo di 1.800 euro.  Tutti gli incentivi saranno erogati una volta sola e per un solo veicolo e sono cumulabili con gli incentivi statali mentre l’importo viene calcolato sul prezzo finale già comprensivo del bonus statale.

Nel 2020  8,5 milioni per veicoli green

Il bando del  2020 è stato un successo: sono stati spesi 8,5 milioni  che hanno portato a rottamare 794 veicoli  inquinanti e acquistarne 1.791 nuovi a minore impatto ambientale. Questi i dati: 689 auto ibride, elettriche, bifuel, 230 scooter elettrici, 842 bici e 30 cargobici elettriche.

Per tutti i dettagli sul bando cliccare sul link 

Parcheggio bici in metropolitana

deposito biciNei giorni scorsi è stato aperto il primo parcheggio per biciclette in una stazione della metropolitana. Più precisamente nel mezzanino della fermata Cordusio. A disposizione di chi si sposta per la città con la bici e i mezzi pubblici. L’accesso al deposito, aperto tutti i giorni come la stazione dalle 5.30 all’1.00,  è gratuito per tutti i possessori di una tessera Atm valida.

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Borse, Europa debole. Il super-dollaro schiaccia l'euro. Wall Street rimbalza - Il Sole 24 ORE

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Perdono slancio le Borse europee in una seduta volatile, con la chiusura del mese e del trimestre che vedrà gli aggiustamenti dei portafogli in primo piano. Segnali di stabilizzazione arrivano dagli Usa, dove è stato raggiunto un accordo di massima per evitare lo shutdown (il voto è atteso nelle prossime ore). Wall Street è positiva, anche se i rendimenti dei Treasury tornano a salire (quelli sul decennale sfiorano di nuovo l'1,54%) e il dollaro corre ancora dopo aver toccato i massimi da 18 mesi contro yen e da oltre un anno contro l'euro.

A Piazza Affari il FTSE MIB ha cambiato più volte direzione, assieme al CAC 40 di Parigi, lo spagnolo IBEX 35 e il DAX 30 a Francoforte. Nella notte, invece, l'Asia si è mossa contrastata, tra la crisi energetica che continua a destare preoccupazione e alcuni dati cinesi che continuano a mostrare un rallentamento della ripresa.

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Wall Street in rialzo

Deludono i dati sui sussidi settimanali alla disoccupazione negli Stati Uniti, ma migliora la lettura finale del Pil del secondo trimestre (+6,7%). Wall Street è partita positivamente con gli investitori ottimisti sul fatto che sarà evitato lo shutdown, Inoltre, il dato peggiore delle attese sul mercato del lavoro allontana - almeno un po'- i timori sul tapering da parte della Fed. Il numero dei lavoratori che per la prima volta hanno richiesto i sussidi di disoccupazione, nella settimana terminata il 25 settembre, è aumentato di 11.000 unità a 362.000, le attese erano per un dato a 335.000.

Sul fronte azionario, settembre sarà il peggior mese dell'ultimo anno per gli indici americani, mentre il trimestre si chiuderà sicuramente in positivo, il sesto consecutivo, per lo S&P 500. Settembre si è dimostrato un mese volatile e il peggiore dell'anno, storicamente, per gli indici. Ottobre, invece, corrisponde di solito all'inizio di una stagione positiva per i titoli, verso le vacanze natalizie e la fine dell'anno; lo scorso anno, a ottobre, i tre maggiori indici hanno accumulato solidi guadagni

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A Milano recupera Tenaris, giù Prysmian

Sull'azionario milanese, bene i farmaceutici con Recordati in cima al listino. Recupera Tenaris, con gli acquisti che stanno premiando anche gli altri titoli petroliferi. Bene Davide Campari così come sono positive le utility a partire da A2a. Fa eccezione però Enel che registra una delle performance peggiori. Si muovono in ordine sparso gli istituti di credito con, Unicredit e Banca Bper in deciso calo. Mediobanca positiva con il patto tra i soci che è risalito al 10%, dopo la disdetta di Benetton. Le vendite colpiscono invece Prysmian e resta sempre debole, dopo lo scivolone della vigilia, il titolo Telecom Italia.

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Intesa Sanpaolo: Wealth management e protection, le sfide - Agenzia ANSA

"Intesa Sanpaolo: una Wealth Management & Protection company di successo". E' questo il titolo scelto per la presentazione dei risultati del gruppo in termini di asset management, private banking e assicurazione. L'appuntamento, in diretta streaming giovedì 30 settembre alle ore 11 dalla sede di piazza Belgioso a Milano, è l'occasione per approfondire il mondo del risparmio gestito in Italia, le attività di consulenza finanziaria e private banking e le attività assicurative di Intesa Sanpaolo.

Intervengono: Rossella Locatelli, professore di economia degli intermediari finanziari presso l'Università dell'Insubria, consigliere di amministrazione e presidente comitato rischi Intesa Sanpaolo; Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking e responsabile divisione private banking; Nicola Maria Fioravanti, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Vita e responsabile divisione insurance; Saverio Perissinotto, amministratore delegato di Eurizon e responsabile divisione asset management. 


   

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Borse, l'Europa si indebolisce. Il super-dollaro schiaccia l'euro - Il Sole 24 ORE

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Perdono slancio le Borse europee in una seduta volatile, con la chiusura del mese e del trimestre che vedrà gli aggiustamenti dei portafogli in primo piano. Segnali di stabilizzazione arrivano dagli Usa, dove è stato raggiunto un accordo di massima per evitare lo shutdown (il voto è atteso nelle prossime ore), ma i rendimenti dei Treasury tornano a salire e il dollaro corre ancora dopo aver toccato i massimi da 18 mesi contro yen e da oltre un anno contro l'euro.

A Piazza Affari il FTSE MIB ha cambiato più volte direzione, assieme al CAC 40 di Parigi, lo spagnolo IBEX 35 e il DAX 30 a Francoforte. Nella notte, invece, l'Asia si è mossa contrastata, tra la crisi energetica che continua a destare preoccupazione e alcuni dati cinesi che continuano a mostrare un rallentamento della ripresa. Sul fronte macro, dopo i deludenti dati arrivati da Pechino, più che il Pil finale Usa del secondo trimestre è atteso il dato sui sussidi alla disoccupazione, "termometro" dello stato di salute dell'economia americana.

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Sull'azionario milanese, recupera Tenaris che è in positivo fin dalle prime battute e ora si piazza in cima al listino, con gli acquisti che stanno premiando anche gli altri titoli petroliferi. Bene Davide Campari così come sono positive le utility a partire da A2a. Ben intonati in generale gli industriali, in particolare Leonardo - Finmeccanica, mentre salgono gli istituti di credito con Mediobanca in testa e il confronto tra i soci sempre in primo piano in vista dell'assemblea di ottobre. Le vendite colpiscono invece Prysmian e resta sempre debole, dopo lo scivolone della vigilia, il titolo Telecom Italia.

Fuori dal listino principale, Zucchi festeggia la semestrale e segna la miglior performance di Piazza Affari. Nel primo semestre 2021 il gruppo ha registrato un fatturato consolidato di 44,6 milioni (+66,7%). Le vendite comprendono 4 milioni della nuova controllata Zuckids e 0,2 milioni della nuova attività della Basitalia.

Spread in rialzo a 105 punti, tasso 0,84%

In lieve rialzo lo spread tra BTp e Bund sul mercato secondario Mts dei titoli di Stato.. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il pari scadenza tedesco è indicato a 105 punti base dai 104 punti del closing del 29 settembre. In lieve rialzo anche il rendimento del BTp decennale italiano allo 0,84% dallo 0,83% registrato nel finale della vigilia.

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Istat: calano gli occupati ad agosto, -80mila su mese - Agenzia ANSA

Ad agosto 2021 gli occupati calano di 80.000 unità su luglio mentre crescono di 162.000 unità su agosto 2020. Lo rileva l'Istat spiegando che gli occupati nel mese sono 22.783.000. Il tasso di occupazione ad agosto è al 58,1%, in calo di 0,2 punti su luglio e in aumento di 0,8 punti su agosto 2020 mentre il tasso di disoccupazione è al 9,3%, stabile su luglio e in calo di 0,7 punti su agosto 2020. Gli inattivi crescono su luglio di 64.000 unità. 

Nonostante ad agosto 2021 il numero di occupati sia in calo per il secondo mese consecutivo , la forte crescita registrata nei precedenti cinque mesi ha determinato, rispetto a gennaio 2021 un saldo positivo di oltre 430 mila occupati (+420 mila dipendenti). L'Istat sottolinea che rispetto ai livelli pre-pandemia (febbraio 2020) il numero di occupati è inferiore di oltre 390mila unità, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione sono più bassi di 0,6 e 0,4 punti rispettivamente, mentre il tasso di inattività è superiore di un punto.

La ripresa economica per quanto riguarda l'occupazione interessa soprattutto gli uomini mentre le donne arrancano: emerge dai dati Istat di agosto secondo i quali gli occupati si sono ridotti di 80mila unità dei quali 68mila donne (con un'incidenza dell'85%) e 11mila uomini. Su base tendenziale su 162mila occupati in più su agosto 2020 ci sono 96mila uomini e circa 67mila donne. Le donne hanno avuto anche una riduzione minore della disoccupazione sull'anno: ad agosto era al 10,7%, 0,1 punti in più su luglio e 0,3 punti in meno sull'anno. Per gli uomini era all'8,3%, stabile su luglio e in calo di un punto su agosto 2020.
   

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FTSEMib positivo (ma il rialzo è minimo) - SoldiOnline.it

Focus sui titoli del settore bancario, dopo i rialzi messi a segno il giorno precedente: intonazione positiva per Mediobanca. Bene ENI, mentre Enel perde oltre l'1%

grafico-quotazioni-borsaVariazioni frazionali per i maggiori indici di Borsa Italiana e per le principali piazze finanziarie europee.

Alle 12.55 il FTSEMib era in progresso dello 0,03% a 25.744 punti, poco sopra il minimo intraday di 25.683 punti. Alla stessa ora il FTSE Italia All Share guadagnava lo 0,07%. Performance migliori per il FTSE Italia Mid Cap (+0,41%) e per il FTSE Italia Star (+0,49%).

Il bitcoin si è portato a 43.000 dollari (circa 37.000 euro).

Lo spread Btp-Bund resta sotto i 105 punti.

L’euro è sceso sotto gli 1,16 dollari. “La forza della valuta americana deriva dal suo status di bene rifugio, data l'incertezza generata dall'impasse politica di Washington che finora ha impedito la necessaria approvazione del Congresso per aumentare il tetto del debito del paese”, ha segnalato Ricardo Evangelista, analista senior di ActivTrades.

Focus sui titoli del settore bancario, dopo i rialzi messi a segno il giorno precedente.

Intonazione positiva per Mediobanca (+0,53% a 10,39 euro). Secondo quanto scritto su Il Sole24Ore BNP Paribas avrebbe prestato alla banca il 4,3% del capitale di Generali (+0,38%), consentendo all’istituto di Piazzetta Cuccia di salire al 17,2% del colosso assicurativo.

Riflettori sempre accesi sui titoli del settore petrolifero, dopo che il prezzo del greggio a New York (contratto con scadenza a ottobre 2021) è tornato oltre i 75 dollari al barile.

ENI guadagna l’1,28% a 11,534 euro.

Enel cede l'1,19% a 6,712 euro. Gli analisti di Berenberg hanno alzato da 7,3 euro a 7,7 euro il target price sul colosso elettrico. Gli esperti hanno confermato l’indicazione di mantenere le azioni in portafoglio.

Tra le società a minore capitalizzazione spicca l’ottima performance di Zucchi (+14,5% a 2,6 euro), dopo la diffusione dei risultati finanziari del primo semestre 2021.

All’AIM Italia, focus su Vetrya. Il titolo registra uno scivolone del 13,7% a 0,82 euro. La società ha diffuso i dati finanziari del primo semestre del 2021, periodo chiuso con una perdita netta di 13 milioni di euro. Il management ha deciso di far ricorso alla procedura concorsuale che consenta una continuità aziendale nell’ottica di risanamento d’impresa, conservazione dei complessi aziendali e salvaguardia della forza lavoro.

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Perse la poltrona Ue per le figuracce sul Covid, l’ex commissario Hogan risorge lobbista - Il Fatto Quotidiano

In Europa c’è un nuovo campione delle “porte girevoli”. Si tratta dell’ex commissario Hogan, uomo chiave delle trattative Europa-Stati Uniti per energia e commercio, mediatore dei futuri rapporti col Regno Unito post-Brexit. Qualcuno però lo ricorderà più per la sua uscita di scena col botto: nell’agosto 2020 dovette dimettersi per aver inanellato una figuraccia via l’altra: era stato immortalato a una “cena sociale” al golfclub del Parlamento irlandese senza mascherina, in aperta violazione sulle restrizioni in atto; voleva andarci col vestito buono e per questo passò dal suo appartamento nella contea di Kildare, violando così il coprifuoco in vigore per i residenti; nel tragitto fu anche multato per guida col cellulare in mano. A un anno dalle dimissioni, però, lord Hogan è di nuovo sulla cresta dell’onda: ha un nuovo lavoro e una nuova bufera con cui fare i conti.

A metà settembre è stato ingaggiato dalla DLA Piper, società di consulenza legale globale con sedi in tutto il mondo. Hogan ha un ufficio proprio a Bruxelles e il suo ruolo è di “consulente strategico e politico senior nel team di consulenza e affari governativi globali di DLA”. In questa veste fornisce un “livello incomparabile di consulenza strategica e consulenza ai clienti, ovunque si trovino nel mondo”. La domanda che corre da giorni nei corridoi del Parlamento europeo è: ma Hogan ha avvisato qualcuno?

Perché di sicuro era tenuto a farlo, che l’abbia fatto no. Proprio per disincentivare il “salto dello steccato” nel 2018 la Commissione ha riscritto il codice di condotta dei propri membri. All’articolo 11 il regolamento ha fissato un vincolo chiaro: per due anni dalla fine del mandato gli ex commissari intenzionati a svolgere un’attività professionale lucrativa in qualche modo connessa alle attività dell’Unione o che – recita il testo – comporti “azioni di lobbyng”, devono informare la Commissione e farsi autorizzare. L’incarico viene poi vagliato da un Comitato etico indipendente che valuta il rischio di potenziali conflitti con gli interessi dell’Unione.

Che sia andata così nel caso Hogan ci sono molti dubbi. Del suo ingaggio si è appreso infatti solo in seguito ai comunicati aziendali diramati a metà settembre dallo studio legale internazionale che lo ha ingaggiato, ripresi poi da un giornale irlandese che si occupa di professioni legali. Dopo qualche giorno la notizia è rimbalzata sui siti di informazione e quando i giornalisti hanno chiesto spiegazioni a Bruxelles, il portavoce della Commissione Europea ha risposto che non era in grado di dire se l’ex commissario avesse comunicato o meno il suo nuovo incarico. Hogan ha tentato una difesa d’ufficio, sostenendo che a maggio 2020, quando era ancora in carica, il comitato di cui sopra avesse dato il nullaosta a una consulenza in favore della DLA dietro impegno scritto a non occuparsi delle materie oggetto del suo precedente mandato. Hogan sostiene che il nuovo incarico sia la prosecuzione naturale dell’altro, avvalorando così il sospetto che non abbia chiesto un vero nullaosta preventivo per il nuovo lavoro.

Il caso fa discutere anche per un risvolto molto concreto che suona ulteriormente beffardo. Come tutti gli ex commissari, anche Hogan percepisce dalla Commissione una speciale “indennità transitoria”, una voce della retribuzione che è stata espressamente introdotta nel regolamento del 2016 proprio per disincentivare le “porte girevoli”, cioè l’assunzione di incarichi che portino in dote alle società private l’acqua fresca delle conoscenze e dei rapporti intessuti durante il mandato di commissari. Questa voce è stata inserita all’articolo 10 del “Trattamento economico dei titolari di alte cariche dell’Ue” e solo per il 2022 sono stati messi a bilancio 2,8 milioni di euro. Il dubbio che aleggia è il seguente: se Hogan non ha comunicato l’inizio della nuova attività, ha continuato a percepire anche l’indennità di cui sopra? Vale a dire i soldi dei contribuenti europei per non fare il lobbista e quelli della società privata per farlo?

La domanda trae ulteriore fondamento per il fatto che l’indennità di transizione è modulata appositamente perché non si traduca in una “tagliola” sulle ambizioni degli ex commissari, ma come uno scivolo nel cosiddetto “periodo di raffreddamento”: se il nuovo incarico non è in palese conflitto col vecchio, gli ex commissari possono percepirne i relativi compensi e l’indennità di Bruxelles viene decurtata proporzionalmente fino a raggiungere il “tetto retributivo” che avevano quando erano in carica. L’ipotesi di un elegante raggiro delle norme spinge i parlamentari europei a chiedere chiarezza. Anche quelli italiani si stanno muovendo, in particolare il M5S che sta per depositare un’interrogazione alla Commissione per sapere se l’incarico fosse stato comunicato, valutato e approvato. “Se così non fosse saremmo davanti a un preoccupante caso di lesione degli interessi finanziari dell’Unione europea. Su questa vicenda va fatta chiarezza immediatamente”, dice l’eurodeputata Sabrina Pignedoli al fattoquotidiano.it. Del resto non proprio di bruscolini si tratta: in base all’anzianità di servizio l’indennità di cui sopra vale dal 40 al 60% dello stipendio base che il titolare della carica percepiva alla cessazione dalle sue funzioni: nel caso dei commissari parliamo di circa 22mila euro al mese, escluse indennità.

Il caso Hogan arriva per altro in un momento molto delicato: entro dicembre la Commissione è chiamata a rimettere mano a tutta la materia. A gennaio 2020 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione con la quale chiede di dotarsi di nuovo Comitato etico comune a tutte le istituzioni della Ue, che vigili cioè sia la Commissione che il Parlamento, in un ottica di reale trasparenza e prevenzione dei conflitto di interessi. Uno strumento “essenziale per mantenere la fiducia dei cittadini europei nelle Istituzioni”, scriveva l’europarlamentare proponente Daniel Freund. Ma nemmeno questo organismo potrà imporre sanzioni, unico modo affinché la Relazione Freund fosse approvata.

A onor del verto esiste nello stesso Trattato di funzionamento interno dell’Unione (Tfue) la previsione di una specifica sanzione da parte del Consiglio contro i membri o gli ex componenti che abbiano violato i doveri di correttezza, compreso quello di non assumere incarichi in palese conflitto di interessi. Le sanzioni possono essere emesse dalla Corte di Giustizia e prevedono, a seconda delle circostanze, la messa a riposo o addirittura la privazione della pensione. Quante volte sia accaduto però non si sa, precedenti in materia – stranamente – non sono noti e nei pareri espressi dalle commissioni si fa ancora cenno alla necessità di introdurre sanzioni effettive. Il sospetto, visto l’andazzo, è che mai arriveranno.

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Saldo IRAP non versato e omessa indicazione dell’esonero: necessaria la dichiarazione integrativa - Informazione Fiscale

Saldo IRAP non versato e omessa indicazione dell'esonero previsto dal decreto Rilancio nel prospetto relativo agli Aiuti di Stato per il periodo di imposta 2019: è possibile regolarizzare la propria posizione con una dichiarazione integrativa e con il pagamento di una sanzione ridotta grazie al ravvedimento operoso. Le istruzioni dell'Agenzia delle Entrate nella risoluzione numero 58 del 29 settembre 2021.

Chi non ha versato il saldo IRAP relativo al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019 grazie alla misura prevista dal Decreto Rilancio avrebbe dovuto inserire l’esonero nel prospetto relativo agli Aiuti di Stato nel modello IRAP 2020.

In caso di omessa indicazione, è possibile regolarizzare la propria posizione presentando una dichiarazione integrativa e provvedendo al pagamento della sanzione ridotta grazie al ravvedimento operoso.

Con la risoluzione numero 58 del 29 settembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni da seguire.

I chiarimenti sono arrivati nello stesso giorno in cui il Governo ha approvato il Decreto Proroghe che ha previsto uno slittamento al 30 novembre della scadenza per il versamento del saldo dell’IRAP 2019 e della prima rata di acconto 2020 per le partite IVA che hanno superato il limite per gli aiuti di Stato, e quindi tenute a regolarizzare l’omesso pagamento senza l’applicazione di sanzioni e interessi, come previsto dal decreto Agosto n. 104/2020.

Saldo IRAP non versato, indicazione dell’esonero nella dichiarazione 2020 o 2021?

In caso di saldo IRAP non versato grazie alla misura introdotta dall’articolo 24 del Decreto Rilancio, l’esonero deve essere indicato nel prospetto relativo agli Aiuti di Stato, sezione XVIII del quadro IS del modello IRAP, della dichiarazione 2020 per il periodo d’imposta 2019 o in quello della dichiarazione 2021 relativa al 2020? E in caso di omessa indicazione quali sono le conseguenze e come è possibile correggere l’errore?

Sono questi i quesiti a cui risponde l’Agenzia delle Entrate.

La norma stabilisce che “non è dovuto il versamento del saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento dell’acconto dovuto per il medesimo periodo di imposta. Non è altresì dovuto il versamento della prima rata dell’acconto dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, nella misura prevista dall’articolo 17, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, ovvero dall’articolo 58 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157; l’importo di tale versamento è comunque escluso dal calcolo dell’imposta da versare a saldo per lo stesso periodo d’imposta”.

Lo stesso testo specifica che l’agevolazione rientra tra gli Aiuti di Stato previsti per contrastare l’emergenza Covid. E con la circolare numero 25/2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni da seguire per indicare l’esonero dal versamento del saldo dell’imposta nel modello IRAP 2020.

Nella risoluzione numero 58 del 29 settembre 2021 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i contribuenti che non hanno operato secondo le indicazioni possono mettersi in regola senza perdere i benefici e chiarisce quali sono le azioni da compiere per farlo.

Saldo IRAP non versato e omessa indicazione dell’esonero: dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso

In caso di omessa indicazione dell’esonero nel prospetto degli Aiuti di Stato del modello IRAP 2020, i contribuenti devono procedere su due fronti:

  • presentare una dichiarazione integrativa;
  • versare la sanzione per l’errore commesso, avvalendosi del ravvedimento operoso che permette di ridurre l’importo dovuto.

I dati devono essere comunicati per permettere all’Amministrazione finanziaria di procedere con l’inserimento delle agevolazioni nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato, RNA.

Le informazioni che andavano inserite nella sezione XVIII del quadro IS del modello IRAP 2020, e quindi relativo al periodo di imposta 2019, sono state riepilogate dall’Agenzia delle Entrate nel testo della risoluzione pubblicata il 29 settembre.

Casella/Colonna Dato da indicare
Tipo aiuto codice 1
Codice aiuto 999
Quadro quadro IR
Tipo norma 1
Anno 2020
Numero 34
Articolo 24
Tipologia costi codice 20
Importo aiuto spettante Importo del saldo IRAP relativo all’anno 2019 non versato per effetto dell’applicazione dell’art. 24 del DL Rilancio

Tutti i dettagli sono contenuti nel testo integrale della risoluzione numero 58/2021.

Agenzia delle Entrate - Risoluzione numero 58 del 29 settembre 2021
Articolo 24 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 – Esonero versamento dell’imposta regionale sulle attività produttive –
Chiarimenti

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Wednesday, September 29, 2021

Una stangata dietro l'altra per gli italiani. Ora aumenta anche la revisione dell'auto: +22% - Il Tempo

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Un salasso dietro l'altro per gli italiani. Non bastavano i rincari di benzina e gasolio e l'aumento delle bollette di luce e gas. Ad appesantire le spese degli automobilisti arrivano anche aumenti per il costo della revisione auto. Lo scrive in un comunicato il Codacons, che protesta contro «l’ennesima stangata sulle tasche dei consumatori».

«A partire dal prossimo 1° novembre il costo-base del “collaudo” aumenterà da 45 a 54,90 euro, con un aumento della tariffa del 22% - spiega il Codacons – per effetto di un Decreto interministeriale firmato dal Ministero delle Infrastrutture e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che va ad appesantire le spese per la gestione dei veicoli in capo alle famiglie, già stremate dalla corsa senza sosta dei prezzi di benzina e gasolio».

«Ancora una volta gli automobilisti italiani sono utilizzati come bancomat dal Governo, attraverso un aumento delle tasse che gravano sull’automobile, e anziché ridurre la tassazione per alleggerire gli effetti del caro-benzina, si è pensato bene di aumentare del 22% la tariffa della revisione auto», conclude il Codacons.

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Piazza Affari fa un rimbalzino trascinata da un settore mentre due titoli svettano - Proiezioni di Borsa

Dopo la pessima seduta di martedì le Borse europee tentano di ritrovare la strada del rialzo. Dopo le forti perdite patite nell’ultima seduta il rimbalzo di oggi è minimo. Probabilmente buona parte di questo rimbalzo è dovuto a ricoperture di chi ieri ha scommesso al ribasso allo scoperto.

Scommettere sui ribassi dei titoli allo scoperto significa vendere delle azioni che non si hanno. Tuttavia queste azioni andranno consegnate a chi le ha comprate. Così i trader che hanno scommesso al ribasso, nella seduta successiva acquistano le azioni da consegnare. Il guadagno sta nella differenza di prezzo tra vendita e acquisto. Se vendo allo scoperto un’azione che costa 100, incasserò 100. Se l’azione scende il giorno dopo, si potrà acquistare magari a 90. La differenza è il guadagno del trader.

Piazza Affari fa un rimbalzino trascinata da un settore mentre due titoli svettano

Al termine della seduta le Borse del Vecchio Continente hanno registrato un rialzo tra il mezzo punto e il punto percentuale. L’indice Euro Stoxx 50 ha guadagnato lo 0,5%, la Borsa tedesca lo 0,7%, Parigi è salita dello 0,8%. Londra ha fatto meglio di tutte salendo dell’1,1%.

Anche per Piazza Affari la seduta è stata positiva. L’indice Ftse Mib ha chiuso in rialzo dello 0,6%. I prezzi hanno chiuso a 25.763 punti, sopra la soglia dei 25.700 punti e questo è senza dubbio una nota positiva. Oggi era importante che l’indice maggiore di Piazza Affari chiudesse sopra 25.700 punti. I nostri Analisti hanno spiegato il motivo nell’articolo: “Se il panico prosegue Piazza Affari rischia il crollo che solo questo evento può allontanare”.

Un rialzo dello 0,6% non è eccezionale ma allontana la Borsa dal rischio di crollo. A spingere ancora una volta i prezzi del Ftse Mib (INDEX:FTSEMIB), sono stati i titoli bancari. Oggi ai primi quattro posti per performance tra le blue chips, ci sono tre bancari. Unicredit ha guadagnato il 3,7%, BPER Banca il 2,5% e Mediobanca il 2,7%. Le schermaglie tra gli azionisti hanno spinto in alto il titolo di Piazzetta Cuccia.

Oggi due titoli sono svettati sul listino italiano

Ma non ci sono solo i bancari a movimentare la Borsa. Infatti oggi Piazza Affari fa un rimbalzino trascinata da un settore mentre due titoli svettano, Digital Bros e Philogen. Gli investitori istituzionali hanno gradito la semestrale di Digital Bros e il titolo è salito del 5,2% chiudendo le contrattazioni a 30,88 euro. Evidentemente gli operatori hanno apprezzato anche la semestrale di Philogen. Oggi il titolo è stato il migliore della Borsa, salendo del 6,9% chiudendo a 14,2 euro. Anche se la semestrale ha mostrato conti negativi.

Approfondimento
Il punto sui mercati

(Ricordiamo di leggere attentamente le avvertenze riguardo al presente articolo, consultabili QUI»)

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Jeep presenta la Grand Cherokee più 4×4 e lussuosa di sempre - Virgilio Motori

Nell’anno del suo 80° anniversario, il marchio Jeep presenta la prima Grand Cherokee elettrificata 4xe, insieme alla nuova Trailhawk, il modello con prestazioni offroad di riferimento. Il brand ha lanciato la primissima versione della Grand Cherokee nel 1992, il SUV ha fatto il suo esordio al salone dell’Auto di Detroit sfondando il vetro.

Si è subito fatta riconoscere, non ci sono mai stati infatti dubbi sul carattere dirompente del modello, che ha definito il nuovo punto di riferimento nella categoria diventando sinonimo di design ricercato e capacità senza compromessi. La quinta generazione della Jeep Grand Cherokee, il SUV più premiato di sempre, è stata presentata oggi. Offre una nuova architettura, un nuovo sistema di propulsione ibrido plug-in, un nuovo design degli esterni, nuovi interni realizzati con qualità artigianale e tecnologie all’avanguardia.

Quella che vediamo può essere definita come la Jeep Grand Cherokee più tecnologicamente avanzata e dalle prestazioni 4×4 migliori di sempre. Christian Meunier, Jeep Brand Chief Executive Officer, ha dichiarato: “La Grand Cherokee è la nostra ammiraglia a livello mondiale e porterà il marchio Jeep in una nuova era fatta di raffinatezza premium, tecnologia innovativa, avanzata capability 4×4 ed elettrificazione. Grazie al perfetto equilibrio tra dinamica su strada, performance 4×4 e prestazioni 4xe, la nuova Grand Cherokee 2022 si presenta in assoluto come il modello Grand Cherokee più lussuoso e tecnologicamente avanzato di sempre, con prestazioni 4×4 di riferimento”.

L’auto arriverà nelle concessionarie in Nord America nel quarto trimestre del 2021, la versione 4xe sarà commercializzata in Nord America all’inizio del 2022, e nel corso dell’anno negli altri mercati del mondo. Da quattro generazioni i clienti fanno affidamento e si divertono a bordo della Grand Cherokee, come ha dichiarato Jim Morrison, Vice President Jeep Brand North America, che aggiunge: “Abbiamo preso spunto dai loro suggerimenti per migliorare ulteriormente la quinta generazione del SUV più premiato di tutti i tempi”.

Jeep presenta la nuova Grand Cherokee

Jeep Grand Cherokee, la quinta generazione più lussuosa e tecnologica che mai

Come abbiamo detto, nell’anno in cui il brand festeggia i suoi 80 anni di successi, lancia anche la prima Grand Cherokee ibrida plug-in (PHEV), che sottolinea il continuo impegno del marchio a costruire un futuro a zero emissioni. La tecnologia plug-in hybrid 4xe garantisce ancora più divertimento, libertà e avventura, fornendo prestazioni, efficienza nei consumi e attenzione per l’ambiente.

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Proroga superbonus al 2023 nella Legge di Bilancio 2022, ma resta il nodo dei bonus casa - Informazione Fiscale

Proroga superbonus al 2023 nella Legge di Bilancio 2022: la novità è contenuta tra le righe della Nota di aggiornamento al DEF approvata il 29 settembre 2021, che non chiarisce però cosa ne sarà degli altri bonus per i lavori in casa in scadenza a fine anno.

Proroga superbonus al 2023: è questa una delle novità che troverà spazio nella Legge di Bilancio 2022, secondo quanto previsto dalla NaDEF approvata il 29 settembre 2021.

Per le detrazioni fiscali sui lavori di riqualificazione energetica il Governo conferma l’impegno di voler prolungare la durata delle agevolazioni, e sarà con la Legge di Bilancio 2022 che verrà ufficializzata la proroga del superbonus fino al 2023.

Per il momento, la Nota di aggiornamento al DEF approvata il 29 settembre 2021 si limita ad indicare in maniera sommaria che verranno “rinnovate svariate misure di rilievo economico”, tra cui gli incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici. Questo è quanto si legge nella bozza in circolazione.

Se, seppur in maniera sibillina, viene confermata la volontà di prorogare il superbonus con la Legge di Bilancio 2022, appare tutt’altro che definito il futuro degli altri bonus casa in scadenza alla fine del 2021. Dalle ristrutturazioni all’ecobonus ordinario, si resta in attesa di novità circa una possibile proroga.

Proroga superbonus al 2023 nella Legge di Bilancio 2022

Bisognerà attendere che prenda il via l’iter di messa a punto della prossima Legge di Bilancio per avere informazioni chiare e definitive sulla proroga del superbonus.

Nella NaDEF 2021 non vi sono dettagli di rilievo, sebbene sia stata confermata a più riprese la volontà di proroga al 2023.

La conferma dell’agevolazione si inserisce, tra l’altro, tra le misure necessarie per perseguire gli obiettivi del Recovery Plan.

Il PNRR prevede, nel capitolo dedicato alla Transizione Ecologica, anche la necessità di migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati, ed è indubbio che la possibilità di accedere al superbonus del 110 per cento sarà da stimolo alla messa a punto di progetti di riqualificazione ad ampio raggio.

Ed è quindi anche alla luce di ciò che la proroga del superbonus al 2023 sembra essere ormai vicina alla conferma, come tra l’altro promesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Come anticipato, nella bozza della NaDEF diffusa dopo l’approvazione da parte del Governo nel corso del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2021 non c’è un riferimento chiaro all’agevolazione, ma si legge:

“Il sentiero programmatico per il triennio 2022-2024 consentirà di coprire le esigenze per le ‘politiche invariate’ e il rinnovo di svariate misure di rilievo economico e sociale, fra cui quelle relative al sistema sanitario, al Fondo di Garanzia per le PMI, all’efficientamento energetico degli edifici e agli investimenti innovativi. Si interverrà sugli ammortizzatori sociali e sull’alleggerimento del carico fiscale. L’assegno unico universale per i figli verrà messo a regime.”

È quindi il richiamo all’efficientamento energetico degli edifici a sottendere che la proroga del superbonus sarà inserita in Legge di Bilancio 2022.

Proroga superbonus in Legge di Bilancio 2022, quali novità per i bonus casa?

Sulla proroga del superbonus bisognerà definire come verrà gestito il prolungamento dell’agevolazione fino al 2023, se sarà per tutti o se verranno previste scadenze differenziate, riprendendo lo schema già adottato con la Legge di Bilancio 2021 e sul quale è poi intervenuto il decreto legge n. 59/2021.

Attualmente sono infatti previste scadenze differenziate per l’accesso all’agevolazione:

  • per i lavori sulle parti comuni dei condomini, il superbonus è in vigore fino al 31 dicembre 2022;
  • per i lavori effettuati su edifici fino a 4 unità immobiliari spetta fino al 31 dicembre 2022, a patto di aver eseguito almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo entro il 30 giugno 2022;
  • per gli IACP spetta fino al 30 giugno 2023, e spetta fino alla fine dell’anno se entro giugno si esegue almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo;
  • in tutti gli altri casi (ad esempio per i lavori sugli edifici unifamiliari), la proroga del superbonus è ferma al 30 giugno 2022.

Non c’è pero solo il superbonus.

Nel capitolo degli incentivi in ambito edilizio rientrano diverse agevolazioni, si pensi alle detrazioni per le ristrutturazioni, per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, all’ecobonus del 50 o del 65 per cento e al più recente bonus facciate.

Dalla Manovra di Bilancio 2022-2024 si attendono quindi indicazioni sul destino degli altri bonus edilizi riconosciuti in caso di lavori in casa, la cui scadenza è fissata al 31 dicembre 2021. Si ferma alla stessa data anche la possibilità di optare per la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Nella Nota di aggiornamento al DEF non vi sono però indicazioni sulle scelte che il Governo intende intraprendere per quel che riguarda i bonus casa “ordinari”. Per ulteriori dettagli bisognerà quindi attendere che prenda il via l’iter di messa a punto della Legge di Bilancio 2022, da approvare come di consueto entro la fine dell’anno.

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Gas ai massimi: ecco perché la Ue è preoccupata per le scorte invernali - Sky Tg24

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Superbonus 110% e bonus casa: guida alle detrazioni fiscali tra scadenze e possibili proroghe - Ipsoa

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Superbonus 110% e bonus casa: guida alle detrazioni fiscali tra scadenze e possibili proroghe  Ipsoa
Superbonus 110% e bonus casa: guida alle detrazioni fiscali tra scadenze e possibili proroghe - Ipsoa
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Evergrande: Fitch taglia rating a 'C', poco sopra default - Agenzia ANSA

 Fitch ha tagliato a 'C' da 'CC' il rating su Evergrande (+10.86% alla Borsa di Hong Kong), appena una tacca sopra il default, sul probabile mancato pagamento degli interessi dovuti sui bond. Evergrande ha un altro coupon da 47,5 milioni su un bond offshore in dollari in scadenza oggi, in aggiunta a quello da 83,5 milioni non onorato il 23 settembre. "Il declassamento riflette il fatto che è probabile che Evergrande manchi il pagamento degli interessi su titoli senior non garantiti", hanno scritto gli analisti di Fitch in una nota, essendo la società già nel 'periodo di tolleranza' di 30 giorni superato il quale scatta il default.  

Evergrande vola alla Borsa di Hong Kong al massimo intraday di 3,12 dollari di Hk (+16,8%) con l'annuncio sulla vendita per 1,5 miliardi di dollari del 19,93% di Shengjing Bank a Shenyang Shengjing Finance Investment, società di gestione patrimoniale statale, al fine di raccogliere liquidità. Shengjing Bank aveva chiesto che i proventi netti della cessione fossero usati per estinguere le passività del gruppo con l'istituto: Evergrande, che la scorsa settimana non ha pagato interessi per 83,5 milioni, non sarà in grado di usare tali fondi per come la cedola dovuta agli obbligazionisti offshore in scadenza oggi per 47,5 milioni.
   

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L'Alitalia è già a terra: i piloti contro la mancata assunzione e i voli cancellati - Il Tempo

Alessandra Zavatta

«Ci licenziano? E allora gli aerei non partono». Sono sempre di più i piloti che si mettono in malattia nella lunga agonia di Alitalia. TropPo stress. E con lo stress ai piloti è vietato decollare. Lo vuole il manuale di sicurezza. La sicurezza dei passeggeri. Piloti, hostess e steward che sanno di non essere assunti da Ita stanno presentando in questi giorni il certificato di malattia. A Fiumicino e Linate ogni giorno qualche decina di jet resta a terra.

Dei 10.400 dipendenti di Alitalia, soltanto 2.800 potranno decollare con Ita. Anzi, pure meno. Perché alla ricerca di personale lanciata dalla compagnia guidata da Alfredo Altavilla il 26 agosto scorso hanno risposto in ventimila. E tantissimi sono i piloti e le hostess delle low cost. Così come molti sono giovani provenienti da esperienze differenti rispetto al trasporto aereo. Perché, oltre al personale di volo, ci stanno da assumere rampisti, meccanici, impiegati, segretarie, manager, ingegneri informatici e programmatori. Non è detto, quindi, che tutti i dipendenti della new company provengano dalla vecchia Alitalia. Punto che ha scatenato la protesta dei sindacati. «La legge prevede che sia il personale della società che va a chiudere a passare in quella nuova che ne rileverà l'attività», spiega Antonio Amoroso, segretario nazionale Cub Trasporti.

«Chiediamo un piano di sviluppo e non di ridimensionamento, l'applicazione del contratto e continueremo a Ittriele t,,,, Tflytvw-27,1? et -i-e ir protestare contro le condizioni di lavoro e i licenziamenti che ci vengono imposti», sottolinea Stefania Fabbri, responsabile del dipartimento Trasporto aereo della Fit Cisl nel Lazio. E se a terra la lotta prosegue con i «flash mob» (ieri quello a piazza Santissimi Apostoli, a Roma), in cielo va in scena la rivolta dei certificati. A causa delle condizioni psicologiche «non buone» (stress e burnout, soprattutto) piloti e steward danno forfait all'ultimo minuto, mettendo Alitalia nei pasticci e costringendola a riprogrammare voli su voli. Chiamando in servizio il personale «in reperibilità» oppure a cancellare le partenze. Lasciando a piedi non pochi viaggiatori. Le hostess hanno una protesta nella protesta. Come racconta Francesca Baiocchi, segretaria nazionale Uiltrasporti: «C'è il rischio che vengano escluse le donne in maternità e chi ha permessi per assistere i figli».

E così anche le hostess si danno malate. Chi non ha partecipato alle selezioni di Ita, non ha nulla da perdere. Ma pure chi ha partecipato non ha alcuna sicurezza. Ita decolla infatti con un «bagaglio segreto»: non si sa quante velivoli potranno essere allestiti il 15 ottobre, giorno fissato per il debutto. La newco dovrebbe partire con 52 jet, di cui sette «wide body» per le tratte intercontinentali. Diventeranno 78 nel 2022 e 105 entro il 2025. Tra quattro anni, se tutto va bene e i passeggeri torneranno, le assunzioni saliranno a 5.500. Ma adesso non è dato sapere neppure se quei 52 velivoli promessi per il battesimo dell'aria riusciranno ad accendere i motori. Vanno affittati da Alitalia.

Poi ci sono i turni da comporre, le sostituzioni da prevedere in caso, pure in Ita, qualcuno si ammalasse. Quindi c'è la questione del marchio Alitalia da risolvere. Tutto nei prossimi sedici giorni. Di sicuro Alitalia morirà nel caos. Ita, dal caos, riuscirà a rinascere?

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Dal Mar Rosso la nuova crisi dei prezzi in Italia: 95 milioni di danni al giorno - Today.it

Lo stretto di Bab el-Mandeb è la porta che da sud conduce al Canale di Suez e al Mar Mediterraneo. Si trova all'imbocco del Mar Rosso  e...