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Thursday, November 18, 2021

Iveco verso la quotazione: cosa c'è nello spin-off di CNH - Trend-online.com

Iveco si prepara a correre in Borsa con le proprie ruote. CNH Industrial, dopo la pubblicazione del prospetto qualche giorno fa, ha già annunciato per domani l’Investor Day. Il primo giorno di negoziazione del gruppo dovrebbe essere il 3 gennaio 2022. La società sarà quotata su Euronext Milano (l’ex MTA) e sarà il frutto di una scissione regolata dal diritto olandese (afsplitsing). Dare un’occhiata al prospetto della prossima matricola per vedere cosa c’è dentro (e cosa non c’è) può dunque essere utile.

Iveco: carta d'identità e perimetro

Il nuovo Iveco Group N.V.  ha sede legale ad Amsterdam ed uffici operativi a Torino. Dopo il demerger da CNH Industrial concentrerà nel proprio perimetro la progettazione, produzione, vendita, i servizi i finanziamenti relativi a camion (truck), veicoli commerciali, bus, veicoli antincendio, veicoli per la difesa e per altri impieghi. Nel gruppo confluiranno anche motori a combustione, propulsioni alternative, trasmissioni e assi per i tipi di veicoli citati oltre ai sistemi di propulsione alternativa per le macchine agricole e per le costruzioni (che restano in CNH Industrial) oltreché per le applicazioni in ambito navale e nella generazione di potenza. Più in dettaglio nel perimetro del gruppo sono inclusi Iveco Bus (ex Irisbus) e Heuliez Bus (società francese), la Iveco Defence di Bolzano, la quota del 50% della joint venture con la discussa Nikola statunitense specializzata nei camion elettrici, la FPT Industrial Powertrain, ossia i motori dei giganti della strada che tanto piacevano ai cinesi, e la Magirus, un gioiellino tedesco dei mezzi antincendio. Complessivamente parliamo di vendite di veicoli pari a 163 mila nel 2019 e 146 mila nel 2020 (ma il prospetto a pagina 69 precisa 118.200 veicoli tra commerciali e speciali nel 2020 in calo del 14% dal 2019).

I soci più importanti saranno ancora Exor NV (tramite CNH) con il 27% del capitale e il 41,68% dei diritti di voto, Harris Associates (4,95% dei diritti di voto) e BlackRock (2,9% del capitale e 3,54% dei diritti di voto).

Iveco: qualche numero 

Passiamo ai numeri. Il 2020 della pandemia non è stato facile per Iveco, ma il 2021 registra già una ripresa. In soldoni il giro d’affari da 11,948 miliardi del 2019 si è compresso a 10,4 miliardi nel 2020 (ricavi netti) con il risultato una perdita per la capogruppo di ben 408 milioni di euro contro l’utile di 84 milioni di un anno prima. Già nel primo semestre di quest’anno però Iveco ha registrato, con una ripresa dei ricavi da 4,37 a 6,32 miliardi, un utile di 124 milioni di euro contro il rosso da ben 439 milioni della prima metà del 2019. 

Il prospetto ci fornisce anche uno spaccato aggiornato dell’indebitamento: il debito finanziario netto al 30 settembre è di 1,384 miliardi ed è per ben 1,187 miliardi debito netto corrente (il risultato di debito 5,49 mld di debito finanziario corrente e 4,326 mld di liquidità). Alla fine del terzo trimestre il patrimonio netto dei soci è di 2,167 miliardi. Il debito lordo o totale è di 5,694 miliardi. Tornando a tre mesi prima e a un debito di 5,72 miliardi, al netto di 203 milioni di eliminazioni, si legge che 3,159 mld del debito complessivo sono collegati alle attività industriali mentre 2,77 miliardi si legano ai servizi finanziari (essenzialmente i finanziamenti per l’acquisto dei veicoli): è importante per capire quanto pesino le esposizioni nei finanziamenti ai clienti che vanno considerate separatamente da quelle industriali (non a caso tutta la galassia Agnelli fornisce da decenni i due dati).

Se guardiamo la cassa si notano a fine giugno (quindi nel semestre): € 181 mln di cash dalle attività operative (-309 mln la variazione del CCN); € 123 milioni di flussi da investimenti; 343 milioni di euro assorbiti da attività finanziarie.

Perché si quota Iveco

Il prospetto di Iveco Group afferma che gli investitori tendono a preferire i “pure player”, ossia gli operatori specializzati, ai conglomerati e fa riferimento a un recente report che evidenzia che CNH Industrial non sconta adeguatamente il business dei truck che pure ha un valore economico intrinseco. Fra l’altro il settore di Iveco, a seguito dei consolidamenti degli ultimi 15 anni, è dominato da operatori specializzati come Traton e Paccar o da gruppi che hanno avviato un deconsolidamento, come Daimler Trucks.

Il demerger sarebbe inoltre l’esito di una profonda revisione del portafoglio di Iveco e di CNH che avrebbe dimostrato sinergie minime in termini di manifattura, di distribuzione e di vendite tra i due business. In altri termini lo spinoff dovrebbe liberare valore per azionisti e stakeholder.

Il quadro regolatorio dei settori di riferimento si sarebbe inoltre già differenziato, con il settore dei truck di Iveco già esposto a nuovi scenari normativi e le macchine agricole di CNH Industrial non ancora. Alla guida di Iveco andrà Suzanne Heywood (presidente del cda di CNH Industrial) come presidente del consiglio di amministrazione, e Alessandro Nasi sarà consigliere non esecutivo, come in Exor e CNH Industrial. Quindi la continuità manageriale non è in discussione, ma gli altri manager non vedranno sovrapposizioni.

Iveco e CNH Industrial manterranno inoltre un ponte finanziario che si materializza nella nuova joint venture paritetica CIFINS, che a sua volta controlla il 49,9% di CNH Industrial Capital Europe Sas, la jv finanziaria con BNP Paribas.

A questo punto però lo sguardo va necessariamente allargato, alle holding di controllo di Iveco e al suo mercato, perché altrimenti informazioni importanti rischierebbero di saltare.

È infatti rilevante che a inizio anno si stata quasi data per certa la cessione di Iveco ai cinesi di Faw, tranne poi saltare a metà aprile. I rumors ipotizzavano una offerta da 3,5 miliardi di euro, ma le trattative si erano arenate sul prezzo e sulle pressioni del governo che minacciava la golden power ed esprimeva soddisfazione alla fine delle trattative. Ci erano finiti in mezzo anche i francesi, per questioni di difesa e investimenti, ma questa è (in parte) un’altra storia.

Va anche detto che nel frattempo stanno maturando altre vicende a monte della catena di controllo. Con il mese di dicembre cade il limite di voto per la Giovanni Agnelli BV che potrà dunque passare dal 53% circa all’80% dei diritti di voto in Exor, con la possibilità implicita di cedere delle quote sul mercato conservando un solido controllo della holding. Sempre in questi giorni si consuma la vendita a Covea di Partner RE per 9 miliardi di dollari: una valutazione forse un po’ inferiore alle speranze, ma comunque a premio su quanto pagato ai tempi dopo una dura battaglia finanziaria per la conquista del riassicuratore (costò 6,1 miliardi di dollari). Spunta pure l’ipotesi di un polo del lusso con Armani, la società da sempre vicina a Del Vecchio e di recente socia al 5% della piccola The Italian Sea Group.

Inevitabile accennare anche a Stellantis, il neonato colosso che fonde FCA con PSA, Fiat con Peugeot, Chrysler con Citroen. Sicuramente gli investimenti nella elettrificazione dell’offerta, ossia nell’auto elettrica che parla più francese che italiano e, per ora, per niente inglese, sono all’inizio e risorse serviranno se si vuole rimanere sul mercato partendo dal ritardo di oggi. Di certo quanto detto lascia spazio a nuovi incassi finanziari che potrebbero banalmente, come calcola oggi anche Il Sole 24 Ore, finire nella liquidazione degli Agnelli&parenti che vogliono andare per la propria strada oppure andare nel fantomatico polo del lusso con Armani, che sicuramente avrebbe molto da dire ancora al mercato o potenziare le posizioni in un automotive tutto da riprogettare e marcato stretto dai governi. 

Le sfide non mancano. Basti pensare a Nikola, che dopo un debutto brillante sul Nasdaq ha quasi decuplicato il valore del titolo in due anni e poi ha ripiegato sui valori attuali di 15,1 dollari circa: da 10 a 100 a 15 per intenderci.
E non è cosa da poco per CNH Industrial e la stessa IVECO, visto che ci hanno investito 250 milioni di dollari che gli hanno fruttato il 6,3% del capitale del gruppo (ora sarebbe un po' di più) e una partnership industriale europea a ULM (Germania) dove l’impegno comune da 40 milioni di dollari per il nuovo impianto dovrebbe portare a 2000 camion elettrici e a idrogeno (fuel cell) l’anno. C’è poi anche la collaborazione nell’impianto dell’Arizona e in tutto il Nord America, dove Iveco ha fornito supporti ingegneristici e produttivi per 100 milioni di dollari e proprietà intellettuali per 50 milioni di dollari.

A guardare bene i legami con Nikola di Iveco iscrivono tutta la storia di questa quotazione in un cono di luce diverso. Va infatti inevitabilmente ricordata la burrascosa storia recente di Nikola, la promessa del camion elettrico a idrogeno (per anni una sorta di pietra filosofale del settore) che mandava in salita i truck inclinando le foto. Il marketing “aggressivo” del suo fondatore Trevor Milton, nel settembre 2021, appena due settimane dopo una partnership da 2 miliardi di dollari con GM, era sfociato nelle dimissioni del manager finito sotto accusa per frode. La cosa è finita tra le sbarre e appena a fine luglio 2021 il manager è stato scarcerato con una cauzione da ben 100 milioni di dollari. Ma torniamo a Nikola, a settembre del 2020 si innesta la successione obbligata e diventa nuovo presidente Stephen Girsky, ex vertice GM (e non solo) finito a VectorIQ.

Fra i vari manager, ancora in sella al gruppo, c’è Gerrit Marx, che, dopo un passato in Bain Capital, è entrato tra il gennaio e il settembre del 2019 nei consigli di amministrazione sia di CNH Industrial, che di Nikola.
Beh mister Marx è l’amministratore delegato del nuovo IVECO Group e siede ancora nel consiglio di amministrazione di Nikola con l’etichetta Iveco sotto il nome. Il manager ha una grande esperienza che passa anche da McKinsey e Daimler, sicuramente saprà affrontare la sfida con decisione dopo quel che ha affrontato nel 2020 con Nikola.

Oggi la notizia della nuova fornitura di 1.064 veicoli commerciali S-WAY a gas naturale ad Amazon fornisce sicuramente un buon viatico per la presentazione di domani.

Ma le sfide del nuovo anno sicuramente non saranno poche.

(Giovanni Digiacomo)

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