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Thursday, April 1, 2021

Ultima offerta per Autostrade, con piccola "concessione" ai Benetton - L'HuffPost

Fabio FrustaciANSA

Autostrade

È l’ultima offerta. Ultima perché la trattativa è già andata avanti a lungo, per più di otto mesi. Ma ultima soprattutto perché fa un passo in avanti verso la controparte: piccolo, ma quanto basta per rendere molto difficile dire no. Eccola l’ultima offerta della Cassa depositi e prestiti, insieme ai fondi Blackstone e Macquarie, per comprare Autostrade: 9,1 miliardi. I soldi sono gli stessi di quelli offerti il 24 febbraio e rifiutati da Atlantia, la casa madre della società autostradale, ma un ritocco alle clausole legali assicura ai Benetton e agli altri soci un incasso più pesante. Se alcune vicende giudiziarie dovessero finire male, i soldi che dovranno tirare fuori saranno di meno.

L’offerta finale

La Cassa e i fondi mettono sul piatto 9,1 miliardi per acquisire Autostrade. Ma se dovesse prevalere l’opzione che fino ad ora è risultata prioritaria nella trattativa tra le parti e cioè l’acquisto dell′88% di Autostrade, allora i miliardi saranno otto. E questo, come si diceva, era stato scritto anche nell’offerta inviata un mese fa ad Atlantia. Quello che cambia nella nuova proposta è la parte relativa alle cosiddette garanzie sui rischi. Ci sono due clausole che fanno riferimento rispettivamente al crollo del ponte Morandi a Genova e ai danni per inquinamento nella costruzione della Variante di Valico. L’offerta precedente le quantificava in 700 e 810 milioni, per un totale di circa 1,5 miliardi. Ora sono più basse. Secondo quanto apprende Huffpost da fonti industriali di primo livello, le nuove garanzie avranno sì un peso inferiore a 1,5 miliardi, ma superiore comunque a 500 milioni. Meno di un miliardo, quindi, che da potenziale diventa effettivo. Se la magistratura dovesse accertare le responsabilità di Autostrade per le due questioni citate, allora sarà la vecchia proprietà, quella che si appresta a vendere, a dover tirare fuori i soldi. La vecchia proprietà, cioè i Benetton e gli altri soci di Atlantia. Incassano 9,1 miliardi (8 miliardi se venderanno l′88% di Autostrade) e se le clausole giudiziarie dovessero attivarsi tirerebbero fuori a posteriori meno degli 1,5 miliardi previsti nell’ultima offerta. Il loro incasso, quindi, si assottiglierebbe di meno. 

La strategia di Palermo, l’intesa con i fondi. Così la Cassa ha messo a punto l’offerta che può chiudere il dossier Autostrade

Il perno della cordata che si appresta ad acquistare Autostrade è Cdp. E questo l’aveva deciso il governo Conte, quando nella notte tra il 14 e il 15 luglio raggiunse un’intesa con i Benetton per la cessione delle autostrade. A quel Consiglio dei ministri notturno si arrivò sulla scia, lunghissima, delle promesse fatte dall’ex premier e dai 5 stelle dopo il crollo del ponte Morandi. E cioè “cacciare” i Benetton e “restituire le autostrade agli italiani”. Ma l’ottimismo e i festeggiamenti del vecchio governo non avevano contemplato una cosa: l’operazione industriale per comprare Autostrade andava confezionata. Un confezionamento che supera la questione dell’offerta in sé e cioè quanti soldi mettere sul piatto. Perché le autostrade sono un asset strategico (e di business) di primo ordine. Sono la più grande infrastruttura tradizionale del Paese. E anche l’immagine di un patrimonio tutto italiano, simbolo di un benessere economico che negli ultimi anni è stato però intaccato da questioni che hanno a che fare con la manutenzione e la sicurezza. Il crollo del Morandi è stato il passaggio clou di questo processo. Ecco perché l’acquisto di Autostrade non è solo il ritorno del pubblico, ma anche, se non soprattutto, una strategia industriale. Quantomeno ambisce ad esserla. E questo è stato lo spirito che ha animato il lavoro della Cassa, portato a compimento dall’amministratore delegato Fabrizio Palermo. L’operazione industriale è stata costruita da zero, è passata da un’analisi approfondita di quello che si stava andando a comprare, si è arricchita dell’innesto di due fondi di primissimo livello, cioè Blackstone e Macquarie. È molto di più, e di diverso, di un ritorno delle autostrade agli italiani e dello scalpo dei Benetton.

L’ultima parola ai Benetton

Ed è l’ultima l’offerta perché questa volta i Benetton hanno tutte le carte in mano per dire sì, per convincere i soci contrari di Atlantia che chiedono almeno 10,5-11 miliardi. Innanzitutto l’offerta è migliorata sul fronte delle clausole legali. E poi da tempo la famiglia vuole voltare pagina. Dopo le divisioni iniziali, la seconda generazione è compatta nella strada da seguire. La sostituzione di Gianni Mion con Enrico Laghi alla guida di Edizione (la holding a capo del controllo a scatole cinesi su Autostrade), l’addio di Sabrina Benetton al consiglio di amministrazione di Atlantia per il “disagio reciproco” sul dossier Autostrade. E in ultimo l’assemblea di Atlantia portata a bloccare il progetto alternativo della scissione di Autostrade, che avrebbe compromesso la trattativa con la Cassa. Non è finita però. L’offerta sarà valutata dal cda di Atlantia dopo Pasqua. Quasi sicuramente finirà in assemblea. E lì partirà la conta. I Benetton hanno dalla loro la Fondazione Crt e non è escluso che altri soci possano convergere sulla posizione più morbida, quella che vuole chiudere la partita. È l’ultima decisione sull’ultima offerta. 

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