Diventa un caso politico la trattativa annunciata giovedì sera tra Unicredit e Tesoro per lo «spezzatone» di Mps, cioè l’eventuale acquisizione di un «perimetro selezionato» dell’attività commerciale della banca escludendo cause legali e crediti deteriorati e senza oneri o costi per Unicredit.
Dal Pd alla Lega ai Cinquestelle, i timori per come potrà avvenire l’operazione e per le conseguenze per conti dello Stato, dipendenti e tutela del territorio sono comuni. È una partita finanziaria e di sistema — Mps è risultata ieri dagli stress test la banca messa peggio in Europa — che si innesta nella campagna per le elezioni suppletive a Siena, dove è candidato il leader Pd Enrico Letta per il seggio lasciato libero da Pier Carlo Padoan, ora presidente di Unicredit e quindi candidato acquirente dell’istituto senese.
Di «operazione di grande portata e complessità» parlano il responsabile economia e finanza del Pd, Antonio Misiani, e la segretaria toscana Simona Bonafé, chiedendo una discussione in Parlamento. Le richieste sono: evitare «soluzioni di smembramento del gruppo» e tutelare il «radicamento territoriale». Una delle ipotesi è creare una banca locale al 100% di Unicredit con il marchio Montepaschi, o rafforzare la fondazione Mps. Ma è ancora tutto in divenire. «Niente blitz», mette le mani avanti il leader della Lega Matteo Salvini «Dobbiamo contrattare più tempo con l’Europa, altrimenti facciamo un regalo a Unicredit», ricordando che «ci sono in ballo 21 mila posti di lavoro».
Sui dipendenti si gioca una partita importante: si parla di 5-6 mila esuberi, da gestire — ha messo le mani avanti il leader Fabi, Lando Sileoni — con pensionamenti e prepensionamenti volontari. Anche i segretari di Cgil, Maurizio Landini, e di Cisl, Luigi Sbarra, hanno chiesto un tavolo al governo, mentre un «no» allo spezzatino è arrivato dai numeri uno di Uilca, Fulvio Furlan, e First Cisl, Riccardo Colombani.
Il costo stimato degli esuberi? 1,2-1,3 miliardi a carico della banca senese. Anche da qui la necessità di un aumento di capitale, che ieri sera dopo gli stress test la banca ha confermato potrà essere di circa 2,5 miliardi, come da piano industriale del ceo Guido Bastianini, che a gennaio scorso prevedeva però la metà degli esuberi. Chi metterà i soldi? Il Tesoro, che ha il 64% dopo il salvataggio del 2017, potrebbe essere chiamato a fare la sua parte prima che la banca approdi in Unicredit.
Al contrario, per la banca guidata da Andrea Orcel — che deciderà se procedere solo a metà settembre una volta terminata l’analisi dei numeri (due diligence) — Mps è «la migliore opzione e l’unica sul tavolo» per crescere in Italia, ha detto il banchiere. Ma alle sue condizioni. Unicredit proprio ieri ha presentato i conti semestrali con un utile di 1,9 miliardi (e 1,1 miliardi per il secondo trimestre, oltre le attese degli analisti) e per l’intero 2021 si attende 3 miliardi di utili dopo ricavi per 17,1 miliardi e 9,9 miliardi di costi. In Borsa, dopo una fiammata in mattinata, ha chiuso a 10,1 euro, +2,8%, mentre Mps ha guadagnato il 3,35% a 1,27 euro. I grandi soci appoggiano Orcel: per Fondazione Cariverona, che ha l’1,8%, è «una scelta importante e coraggiosa» per sviluppare la banca.
L’accelerazione nella trattativa da parte del Tesoro nasce anche dalla chiusura degli stress test arrivata ieri. Mps è risultata la peggiore in Europa, con patrimonio netto negativo (-0,1%) nella simulazione al 2023, mentre le altre banche italiane nell’elenco delle 50 maggiori d’Europa — Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca, Banco Bpm — sono state promosse.
Unicredit-Mps, il nodo esuberi. Salvini: niente blitz. Il Pd: discussione in Parlamento - Corriere della Sera
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