“Dalle prime proiezioni effettuate scaturisce chiaramente una situazione di premialità per i redditi medio-alti. Non resta spazio per un grande ottimismo circa la quantificazione complessiva di tutte le modifiche apportate: le buste paga del 2022 riserveranno diverse sorprese e, in moltissimi casi, non positive“. Rosario De Luca, presidente della fondazione studi consulenti del lavoro, ha commentato così l’ultima circolare della Fondazione Studi che analizza il combinato disposto della riforma Irpef, della decontribuzione una tantum per i redditi sotto i 35mila euro e del decreto legge con cui si istituisce l’assegno unico e universale per i figli a carico. Il documento conferma quello che ilfattoquotidiano.it ha scritto fin da novembre: la revisione di aliquote, detrazioni e bonus 100 euro avvantaggia in termini assoluti soprattutto i redditi intorno a 40mila euro, ben superiori a quella che è la media italiana dei lavoratori dipendenti. Il premier Mario Draghi durante la conferenza stampa del 22 dicembre, rispondendo a ilfatto.it, sostenne che “non era vero”, ma le microsimulazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio e le stesse tabelle del Tesoro lo smentiscono.
La riforma costa 7,29 miliardi e su 42,7 milioni di contribuenti – scrivono i Consulenti riportando una tabella dell’Ufficio parlamentare di Bilancio – 27,8 milioni saranno avvantaggiati, 14,5 milioni resteranno indifferenti alla riforma mentre per 372mila ci saranno penalizzazioni. Soltanto due terzi dei lavoratori dipendenti avranno un beneficio tangibile. Nel 2022, quando ci sarà anche il taglio una tantum dei contributi sui redditi da lavoro dipendente sotto i 35mila euro, per la fascia tra i 28mila e i 30mila euro l’anno il risparmio ammonta a non più di 7 euro al mese, calcolano i consulenti, mentre se si ha un reddito di 40mila euro arriva a 944 euro l’anno rispetto al 2021. Nel 2023, con il venir meno della decontribuzione, il vantaggio per i redditi bassi si ridurrà ulteriormente, come si può vedere nelle tabelle sotto (cliccare per ingrandirle), mentre rimarrà invariato dai 40mila euro di imponibile in su.
I Consulenti ricordano che a queste disposizioni si aggiungerà a partire da marzo l’assegno unico e universale per le famiglie, con un ulteriore cambiamento nelle buste paga dei dipendenti: per effetto dell’abrogazione dell’assegno per il nucleo familiare e delle detrazioni fiscali per i figli a carico si ridurrà l’importo ricevuto direttamente dal datore di lavoro. In parallelo sarà possibile ricevere l’assegno unico corrisposto dall’Inps purché, in presenza dei requisiti soggettivi previsti, si sia provveduto in autonomia a presentare la domanda. “Gli importi ricevuti, però, – scrivono i Consulenti – potrebbero non somigliare a quelli del passato perché parametrati sull’Isee del nucleo familiare invece che sul reddito ai fini fiscali”.
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