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Sunday, February 6, 2022

Lagarde suona la campanella: è finita la ricreazione per i Btp - La Repubblica

La ricreazione è finita tutta d'un colpo. Lunedì scorso, lo spread fra il Bund tedesco e il nostro Btp era inferiore a 135. La settimana si è conclusa sopra quota 153, quasi 20 punti in più. Secondo gli analisti di Banque Pictet, un aumento sostenuto di 50 punti base dello spread comporta un maggior esborso del Tesoro italiano verso gli investitori di 1,5 miliardi di euro l'anno. Più soldi per pagare gli interessi sul debito significano meno risorse in bilancio e meno spinta alla ripresa, prospettive più incerte per un 2022 che tutti ritengono decisivo per far uscire l'Italia da un ristagno più che ventennale. Ecco perché quei 20 punti rischiano di pesare. Ce li siamo ritrovati addosso in gran parte nel giro di 24 ore sull'onda della conferenza stampa con cui Christine Lagarde ha, in sostanza, annunciato la fine della garanzia psicologica della Bce sul debito italiano.

E' il segno della fragilità - con il debito oltre il 150 per cento del Pil - dell'economia italiana, totalmente esposta ai venti della psicologia del mercato. Perché, nei fatti, non è accaduto nulla: Francoforte continuerà ad acquistare e riacquistare i titoli del debito italiano, come degli altri paesi, muovendosi sempre con la barra sull'obiettivo di un'inflazione stabilmente assestata sul 2 per cento l'anno. Ma è cambiato il contesto. Nella sua conferenza stampa, Lagarde ha collocato questa pignola ripetizione degli impegni della Bce in un quadro molto più pessimistico, in cui la convinzione che l'inflazione sia destinata ben presto a rientrare è svanita e la scadenza con cui Francoforte potrebbe procedere ad un aumento dei tassi di interesse si è fatta molto più vicina. La presidente della Bce si è rifiutata di precisare quanto vicina e il risultato è che il mercato, che aveva finora scommesso su un aumento dei tassi di interesse europei non prima di dicembre, ora ne mette in conto anche due o tre, a partire da giugno. Il nostro problema è che, finora, non ce n'è stato nessuno, ma, come mostra lo spread, noi abbiamo già iniziato a pagarli.

Ma ci sarà, poi, questo aumento dei tassi ad appesantire la ripresa italiana ed europea? Christine Lagarde, sorprendendo molti, ha messo l'accento, nella conferenza stampa, sul fatto che, oggi, è più probabile che i prezzi aumentino, piuttosto che il contrario. In realtà, per ora, almeno in attesa del check up di marzo, gli analisti della stessa Bce continuano a prevedere che l'inflazione europea - questo mese oltre il 5 per cento - scenda bruscamente sotto il 2 per cento a partire dall'estate.

Ci sono motivi tecnici per questo ottimismo. Il primo è puramente statistico: l'aumento record dell'inflazione a gennaio è il risultato aritmetico del confronto con i livelli di inflazione molto bassi che avevano accompagnato l'economia europea, nel corso della pandemia, appunto fino a tutto lo scorso inverno. A partire da primavera, il confronto avverrà con mesi di attività più vivace, con indici mensili di inflazione più alti e, inevitabilmente, l'aumento percentuale risulterà via via più contenuto. Il secondo motivo è congiunturale: se invece di guardare l'aumento annuale, si guarda quello mensile, la curva si va appiattando. L'incremento dell'inflazione fra gennaio e dicembre è il più basso degli ultimi sei mesi.

Naturalmente, perché questi meccanismi statistici siano confermati, occorre che l'inflazione non abbia una ulteriore vampata. E qui entra in gioco la particolare natura dell'inflazione europea. Per metà, come ha sottolineato la stessa Lagarde, l'aumento dei prezzi in corso in Europa è alimentato dal costo dell'energia: petrolio e, soprattutto, gas. I tepori di primavera sono dietro l'angolo e la riduzione della domanda per riscaldamento raffredderà anche i prezzi dell'energia.

Questa predominanza di fattori esterni nella corsa dei prezzi spiega anche perché, secondo molti, il segnale lanciato dalla Lagarde possa essere considerato prematuro. Se il problema sono i costi dell'energia, c'è ben poco che la politica monetaria e le manovre sui tassi possano fare per calmierare i prezzi del metano.

E allora, perché questa sorta di inversione a U nel messaggio, finora rassicurante, che la Bce aveva finora mandato sul tema dell'inflazione? Dietro lo scarto della Lagarde - personale o concertato che sia - c'è l'estrema incertezza della situazione.  La primavera arriverà, ma potrebbe arrivare anche un inasprimento del confronto con Mosca, con ripercussioni pesanti sul costo del metano e dell'energia. Inoltre, il persistere, al di là delle attese, della spinta inflazionistica potrebbe cominciare ad alimentare, nei prossimi mesi, una spinta autonoma all'aumento dei prezzi da parte di imprese e sindacati. Il rischio che l'inflazione cominci ad autoalimentarsi, al di fuori delle spinte esterne, per ora, in realtà, non si è materializzato. Noi italiani, in ogni caso, stiamo già cominciando a pagarlo.

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