Se siete investitori amanti dei dividendi, in Italia dovete segnarvi due date: il 24 aprile e il 22 maggio. Il secondo, in particolare, è il giorno in cui gran parte delle società di Piazza Affari, quotate sul FTSE Mib, stacca la cedola, tra cui Eni (quarta tranche), FinecoBank, Generali, Intesa Sanpaolo e Leonardo. Ma anche il 24 aprile è da tenere d’occhio, perché ci sono nomi importanti come Banca Mediolanum, Banco BPM, Unicredit, Stellantis e Ferrari.
E’ possibile che non siate azionisti di queste e delle altre aziende italiane che staccheranno il dividendo quest’anno; tuttavia potreste avere in portafoglio degli ETF (Exchange traded fund) o dei fondi azionari income con alcune di esse.
Gli ETF high dividend con più titoli italiani
Tra gli ETF azionari Europa focalizzati sui titoli ad alto dividendo, Deka EURO iSTOXX® ex Fin Dividend+ (ISIN DE000ETFL482) è quello con la più alta esposizione all’Italia (9,1% netto al 19 aprile). Il fondo, che replica un paniere di azioni high dividend, escludendo il settore finanziario, ha nelle prime venti posizioni di portafoglio Stellantis (STLAM), Enel (ENEL), Eni (ENI) e Snam (SRG). Nonostante il peso di Piazza Affari, questo ETF non è quotato sul listino ETFPlus.
Lo è, invece, l’ETF Franklin European Dividend (ISIN IE00BF2B0L69) che ha il 7,8% del patrimonio in società italiane con una cedola generosa (dati al 19 aprile). Tra queste figurano Assicurazioni Generali (G), Snam e Azimut holding (AZM). Il fondo traccia la performance di una strategia di Franklin Templeton esposta alle aziende con alti e stabili dividendi in 15 mercati sviluppati europei.
E’ quotato in Borsa italiana anche l’ETF WisdomTree Europe Equity Income (ISIN IE00BQZJBX31), che replica un indice proprietario di società europee ponderate in base ai dividendi pagati annualmente. Tra i nomi italiani nelle prime posizioni troviamo Stellantis ed Eni (dati al 19 aprile).
Gli ETF ad alto dividendo con meno titoli italiani
In base ai dati di portafoglio disponibili, non ci sono titoli italiani ad alto dividendo nel BNP Paribas Easy ESG Equity Dividend Europe ETF (ISIN LU1615090864), che tiene conto dei criteri ambientali, sociali e di governance nella costruzione del portafoglio. Inoltre, è minima l’esposizione a Piazza Affari (0,10% al 18 aprile) dell’ETF iShares MSCI Europe Quality Dividend ESG (ISIN IE00BYYHSM20), anch’esso basato sui fattori di sostenibilità, oltre che su società con cedole generose.
Sarebbe comunque una conclusione affrettata quella di considerare le aziende italiane high dividend poco ESG, dal momento che la valutazione di questo aspetto varia molto da un’agenzia di rating a un’altra. Per altro, se guardiamo ai titoli che troviamo in altri ETF income, vediamo che l’ESG risk rating assessment di Morningstar è prevalentemente tra i tre e quattro globi, quindi medio o medio-alto.
I vantaggi delle strategie azionarie income
Al di là delle cedole generose di alcune società italiane, le strategie a reddito specializzate sull’Europa hanno avuto rendimenti positivi dall’inizio dell’anno, dopo un 2022 in cui mediamente avevano perso oltre l’8%. Anche se da gennaio sono rimaste leggermente indietro rispetto ad altre categorie azionarie con focus sul Vecchio continente, gli investitori non possono ignorare i vantaggi dei titoli high dividend.
“I dividendi hanno storicamente rappresentato un potente motore per i rendimenti totali, soprattutto quando il reddito è stato reinvestito nel tempo”, dice Yoichiro Kai, gestore della strategia Global Equity Dividend di T. Rowe Price. “Dal 1970, i dividendi composti hanno rappresentato oltre il 70% dei rendimenti azionari globali. Se si considerano gli ultimi 20 anni, hanno costituito una parte importante dei rendimenti totali nei principali mercati sviluppati ed emergenti. In Europa, hanno contribuito a oltre il 46% dei rendimenti totali dal 1999”.
Per Vincent Mortier, Group chief investment officer di Amundi, le azioni che distribuiscono dividendi sono da preferire in un contesto di elevata inflazione, perché “vanno ad accrescere i guadagni degli investitori”.
Ha una posizione analoga Saira Malik, responsabile investimenti di Nuveen, che vede ancora venti contrari sui mercati azionari globali e quindi predilige “un atteggiamento complessivamente difensivo e gli investimenti con un solido free cash flow, un potere di determinazione dei prezzi tale da contribuire a compensare l'inflazione e quelli con la capacità di far crescere i dividendi”.
Kai invita a prestare attenzione alla sostenibilità dei dividendi e ai fondamentali aziendali. “Alcune società che pagano dividendi elevati possono semplicemente avere limitate opportunità di crescita e pochi utilizzi per la liquidità disponibile. Altrettanto discutibili sono le società ad alta intensità di capitale che, per invogliare gli investitori, fanno pagamenti troppo elevati”, dice. Il rischio è che non siano in grado di mantenere cedole generose nel tempo o di avere una crescita degli utili che permetta un apprezzamento delle azioni.
Il portfolio manager di T. Rowe Price sottolinea l’importanza di valutare le prospettive di un’azienda. Cedole basse ma in crescita oggi, potrebbero indicare un percorso di espansione degli utili, con flussi di cassa che iniziano a superare le esigenze di spesa in conto capitale. “Riteniamo che vi siano maggiori possibilità di ottenere rendimenti totali corretti per il rischio costanti nel lungo periodo investendo in società che pagano dividendi duraturi e in crescita”, conclude Kai.
Cosa gli investitori devono aspettarsi in Europa sul fronte dei dividendi?
Secondo l’Allianz Global Investors Dividend Study 2023, pubblicato a gennaio, i dividendi potrebbero salire di oltre l’1% rispetto al 2022 a un massimo storico di 387 miliardi di euro per le aziende europee (il paniere di riferimento è l’indice Msci Europe).
Nel 2022, secondo lo studio, diversi Paesi europei hanno registrato un incremento del dividend yield. In Italia e Spagna, si è passati da poco meno del 3% al 5% e al 4% rispettivamente; in Germania e Francia il rialzo è stato da circa il 2,25% al 3,5% e al 3% rispettivamente. Nel Regno Unito è, invece, rimasto stabile appena sotto il 4%. In tutti casi, il dividend yield si è mantenuto nettamente superiore ai rendimenti nominali delle obbligazioni governative a 10 anni.
Per Hans-Jörg Naumer, Head of Capital Market Analysise autore dello studio di Allianz Global, “in molti casi i dividendi favoriscono la stabilità dei portafogli azionari, in particolare in anni come il 2022, caratterizzati da un andamento negativo delle quotazioni. In tali anni le distribuzioni di dividendi possono compensare almeno in parte (ma a volte anche in toto) le perdite sul fronte dei prezzi. Inoltre, in base ai nostri calcoli, la volatilità media delle azioni delle società che pagano dividendi risulta nettamente e sistematicamente inferiore a quella delle aziende che non effettuano distribuzioni. Per il mercato azionario europeo nel complesso parliamo di una differenza di più di 10 punti percentuali”.
I dividendi di Piazza Affari in pancia agli ETF - Morningstar
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