PECHINO - La Cina scivola nella deflazione. Per la prima volta in oltre due anni. Appesantita da consumi interni che stentano a ripartire e che stanno complicando la ripresa economica del Dragone.
Dopo i dati negativi arrivati ieri su import (-12,4%) e export (-14,5%), i dati dell'Ufficio nazionale di statistica pubblicati questa mattina mostrano l’indice dei prezzi al consumo a -0,3%. Nel frattempo, l'indice dei prezzi alla produzione si è nuovamente contratto a luglio (-4,4%) per il decimo mese consecutivo.
Dopo l'esplosione iniziale del primo trimestre in seguito alla fine delle restrizioni sul Covid, la Cina sta attraversando un raro periodo di calo dei prezzi a causa dell'indebolimento della domanda dei consumatori e delle imprese. Il prolungato crollo del mercato immobiliare, il crollo della domanda di esportazioni e la riduzione della spesa dei consumatori stanno pesando sulla ripresa dell’economia.
Dati che arrivano tra i crescenti timori che la Cina stia entrando in un'era di crescita economica molto più lenta, simile al periodo dei "decenni perduti" del Giappone a partire dagli anni '90, che ha visto i prezzi al consumo e i salari ristagnare per una intera generazione.
Le economie occidentali lottano con l’inflazione, in Cina c’è il problema opposto. Che può avere serie conseguenze in una spirale negativa che si autoalimenta: invece di spendere, i consumatori rimandano gli acquisti nella speranza di un'ulteriore riduzione dei prezzi. In assenza di domanda, le aziende sono costrette a ridurre la produzione, a congelare le assunzioni o a licenziare.
Alcuni economisti sostengono però che questa pressione deflazionistica probabilmente sarà temporanea, visto che la leadership comunista sarà ora costretta a intensificare il sostegno monetario e fiscale.
Non sono stati annunciati ancora stimoli fiscali massicci. La risposta politica, per ora, sembra puntare sull'allentamento dei vincoli normativi che hanno fatto soffrire i settori chiave dell'economia negli ultimi anni, come l’immobiliare. Ma la pressione, con questi nuovi dati, aumenterà.
A parte un breve periodo all'inizio del 2021, è dal 2009 che la Cina non sperimenta una prolungata deflazione dei prezzi al consumo. All'epoca, Pechino introdusse un pacchetto di stimoli da 4mila miliardi di yuan (500 miliardi di euro) incentrato prevalentemente sulle infrastrutture. “Sebbene quel piano abbia sostenuto la crescita, ha anche portato i governi locali a prendere in prestito più di quanto fosse loro consentito dalla legge, facendo lievitare il debito. Il margine di manovra per arginare la minaccia della deflazione è più limitato questa volta, in parte a causa delle preoccupazioni sui rischi del debito”, scrivevano un mese fa gli analisti di Bloomberg quando lo spauracchio della deflazione si stava già avvicinando.
Tra aprile e giugno il Pil ha segnato soltanto un +0,8% rispetto al trimestre precedente, ben al di sotto del +2,2% registrato nei primi tre mesi del 2023. La disoccupazione giovanile ha di nuovo raggiunto un altro record: 21,3%. La crescita deludente del secondo trimestre non è dovuta solo alla mancanza di domanda esterna. La ragione principale è proprio la scarsa domanda interna. Questo vale in particolare per gli investimenti fissi, trascinati dal settore immobiliare, ma anche per i consumi.
Cina, nuovo segnale negativo per l’economia: il Paese è in deflazione - la Repubblica
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