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Wednesday, August 31, 2022

Il caso dei 17 terawattora di energia di Stato inutilizzati per colpa della burocrazia - Corriere della Sera

Diciassette terawattora di energia da fonti rinnovabili fermi, inutilizzati. Un cuscinetto di emergenza comprato dallo Stato in questi mesi proprio perché qualcuno, al governo, immaginava si sarebbe arrivati sin qui. Con le aziende affamate di energia ma travolte dai prezzi impazziti del gas: con gli impianti a scartamento ridotto perché produrre non conviene più essendo completamente saltati i margini di guadagno. Diciassette terawattora, un quarto del fabbisogno industriale dell’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa, acquistati sul mercato domestico dal Gse, il gestore dei servizi energetici controllato dal ministero del Tesoro, al prezzo di 124 euro a megawattora, un valore molto più contenuto se consideriamo i livelli attuali dell’energia ad oltre 500 euro.

Un «tesoretto» che già a fine aprile il governo immaginava di voler attingere per rivenderlo al prezzo di costo alle utenze energivore per evitarne i fermi di produzione, tanto da averlo scritto all’articolo 16bis del decreto Aiuti. Eccolo: «Al fine di garantire la piena remunerazione degli investimenti in fonti rinnovabili nel mercato elettrico, nonché di trasferire ai consumatori partecipanti al mercato elettrico i benefici conseguenti, il GSE offre un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni».

Un assist lungimirante alla grande industria sprecato dalla burocrazia o, peggio, dalla dimenticanza.

Resta pendente un decreto attuativo per stabilire le priorità di accesso a questa energia di Stato e immaginiamo che non siano infrequenti le divergenze di vedute a chi assegnare la patente di azienda non interrompibile.

Confindustria proprio in questi giorni sta realizzando un sondaggio interno tra gli associati per definire quali sono i settori (e gli impianti) strategici a cui destinare una corsia preferenziale e a quali ridurre volontariamente la domanda di gas perché maggiormente sacrificabili.

Ma è chiaro che rallentare i cicli produttivi, anche a chi accetta di farlo, comporta perdita di competitività e di quote di mercato, e l’accesso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti.

L’incubo dei razionamenti, con il blocco totale delle forniture di gas da Mosca, sta comportando una serie di analisi sui codici Ateco sulla falsariga di quello che avvenne nel periodo più duro della pandemia, mentre la Germania sta già attingendo alla fiscalità generale con un meccanismo di aste incentivanti per chi accetta di fermarsi. In alternativa lo Stato potrebbe percorrere anche una via alternativa ove ritenesse prioritario tutelare la domanda delle utenze residenziali. Potrebbe dare mandato al Gse di vendere questa energia in eccedenza al prezzo attuale per finanziare acquisti di gas compensando così gli oltre 4 miliardi già spesi erogati dal Tesoro. In ogni caso sarebbe un’operazione di finanza pubblica a saldi invariati. Respiro per le casse dello Stato sotto stress per il caro bollette tra gli oneri di sistema azzerati e i crediti d’imposta alle imprese sempre più pesanti per l’erario.

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Saipem: Caio in uscita, Puliti nominato nuovo ad. Per l’ex ceo buonuscita da 3,3 mln - Il Sole 24 ORE

I punti chiave

2' di lettura

Francesco Caio, ad di Saipem, lascia la società e al suo posto viene nominato nuovo ceo l’attuale dg Alessandro Puliti. La notizia di un’uscita del numero uno era nell’aria da settimane ed è stata ufficializzata stamane prima dell’apertura di Borsa. «Il cda unanimemente ringrazia Francesco Caio per il lavoro svolto in un contesto complesso - si legge nel comunicato diffuso da Saipem -, riconoscendogli l'impegno nell'attuare i necessari cambiamenti strategici ed organizzativi per condurre la Società verso una nuova fase di rilancio.

Il ruolo di Caio nella backlog review

La società, si spiega nella nota, «ha altresì preso atto che Francesco Caio ha contribuito a reagire alle criticità emerse in sede della backlog review avviata dal management in relazione alle commesse acquisite negli anni scorsi, backlog review che ha evidenziato, a causa del perdurare del contesto pandemico e dell'aumento dei costi delle materie prime e della logistica, un significativo deterioramento dei margini economici a vita intera di alcuni progetti».

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Per Caio una buonuscita di 3,3 milioni di euro lordi

Caio uscirà dall’azienda portando a casa, come chiarito nella nota di Saipem, una buonuscita di 3,3 milioni di euro lordi che include 650mila euro a titolo di preavviso, 1,95 milioni quale incentivo all'esodo e 700mila euro a titolo di patto di non concorrenza e non sollecitazione. L’importo complessivo sarà erogato entro un mese dalla cessazione del rapporto di lavoro. Che si conclude senza contrasti tanto che, chiarisce sempre Saipem, le due parti si dichiarano soddisfatte della chiusura del rapporto di lavoro e non ci saranno altre rivendicazioni, ad eccezione «di quelle concernenti condotte o fatti commessi con dolo o colpa grave».

L’ingresso di Caio in Saipem nel 2018

Caio era entrato in Saipem nel 2018, nominato presidente della società. Per poi assumere, tre anni dopo la guida dell’azienda con l’uscita di scena dell’allora numero uno Stefano Cao. Una volta arrivato al timone, il manager ha provato a far ripartire l’azienda ma gli effetti della pandemia e il caro materie prime hanno finito per impattare pesantemente sui conti e su alcune commesse dell’azienda costringendo il manager a rivedere il piano strategico, presentato a fine ottobre 2021, e a presentare al mercato una significativa revisione degli obiettivi a febbraio scorso.

La revisione strategica e la nomina di Puliti a dg

Una revisione che è coincisa anche con la riorganizzazione della governance, voluta dai due azionisti di riferimento (Eni e Cdp Industria), attraverso l’ingresso nell’organico di Alessandro Puliti, allora direttore generale Natural Resources di Eni e con una esperienza molto solida nell’oil&gas. Puliti è stato così nominato dg a febbraio con ampie deleghe operative e gestionali e con l’obiettivo di affiancare Caio nel tentativo di imprimere una sterzata al corso aziendale. Sterzata che ha portato, come noto, a un piano di rafforzamento e rilancio culminato nell’aumento di capitale da 2 miliardi di euro messo in pista dalla società con l’appoggio dei due azionisti principali. Quegli stessi azionisti che hanno avallato ora la nomina di Puliti nel ruolo di ceo.

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Ita Airways, vince Certares. Il Mef: "Trattativa in esclusiva con fondo Usa, Air France e Delta". Luthansa: non sarà vera vendita - la Repubblica

ROMA - Sul filo di lana, il fondo Certares, Air France e Delta sorpassano Msc Group e Lufthansa nella corsa a Ita.  Per la cessione della nostra compagnia aerea  "sarà oggi avviato un negoziato in esclusiva con il consorzio formato da Certares Management LLC, Delta Airlines Inc. e Air France-KLM S.A., la cui offerta è stata ritenuta maggiormente rispondente agli obiettivi fissati", scrive in una nota il ministero dell'Economia, proprietario del vettore al 100%.

Obiettivi che sono elencati in un Dpcm, un decreto che l'esecutivo ha varato a marzo.

Il ministero, dunque, avvierà una trattativa privilegiata con la cordata prescelta, che guadagnerà una posizione di vantaggio nell’acquisizione di Ita. Il ministero precisa, poi: "Alla conclusione del negoziato in esclusiva, si procederà alla sottoscrizione di accordi vincolanti solo in presenza di contenuti pienamente soddisfacenti per l'azionista pubblico".

Il ministro Daniele Franco (Economia), che gestisce la privatizzazione, ha anticipato ieri il verdetto al presidente del Consiglio Mario Draghi.

I punti di forza

Il fondo statunitense Certares - fondato e guidato da Greg O' Hara - ha al suo fianco Air France, una compagnia europea che è alleata di Ita dentro SkyTeam (dopo una lunga collaborazione con Alitalia). Ma Certares può contare anche sull'appoggio di Delta Airlines, che porta in dote il ricchissimo mercato dell'America del Nord, fatto di manager e turisti disposti a spendere per viaggiare comodamente.

Anche gli investimenti del fondo Certares sono profondamente radicati nell'America settentrionale, tra Stati Uniti e Canada, e nel turismo di alta fascia. E questo elemento ha rafforzato molto la posizione di Certares nella corsa a Ita.

Peraltro Air France e Delta, nelle ultime settimane, hanno fatto un salto di qualtà in questa partita. Inizialmente si sono presentate come semplici partner commerciali di Certares. Adesso invece si impegnano a un investimento diretto nella compagnia aerea italiana: investimento che prenderà forma nei prossimi mesi (se la privatizzazione sarà perfezionata).

Ecco, dunque, come potrà essere in prospettiva l'assetto definitivo della Ita privatizzata. Air France ha prenotato il 9,9% delle azioni del vettore italiano; invece Certares avrà quantomeno il 41,1% e Delta un altro 4%. Al ministero dell'Economia resterà una quota corposa anche se minoritaria, pari al 45%.

I 650 milioni e la quota residua

Il ministero dell'Economia ha ottenuto molte concessioni dal fondo Certares:
- la quota che resterà pubblica (il 45%) ha una valorizzazione,
- quando lo Stato vorrà liberarsene, potrà farlo così a un prezzo già concordato,
- intanto un primo assegno da 600-650 milioni sarà versato nelle casse italiane,
- e un premio ulteriore sarà riconosciuto se Ita centrerà buoni risultati di bilancio,
- previsto dunque un meccanismo di earn out.

Certares concede al ministero anche due posti su 5 in consiglio di amministrazione e la carica di presidente.

Meloni parla a Ceglie Messapica. Per uno scherzo del destino, Ita è tra gli sponsor
Meloni parla a Ceglie Messapica. Per uno scherzo del destino, Ita è tra gli sponsor 

L'incognita Meloni

La trattativa in esclusiva impegnerà le prime due settimane di settembre. Poi il ministero dell'Economia sarà a un bivio. Potrebbe firmare un semplice memorandum d'intesa con Certares e i suoi alleati. Questo atto, importante sul piano simbolico, non è vincolante. Non impegna cioè il futuro governo a vendere per davvero Ita.

Alla fine sarebbe il nuovo esecutivo a decidere se procedere nella privatizzazione, se farlo nel solco tracciato dal governo Draghi, se interrompere del tutto il percorso.

Se invece il ministero deciderà di spingersi fino a un preliminare (signing), l'atto sarebbe vincolante. Il futuro governo potrebbe anche stracciare il preliminare, annullandolo. Ma la cordate dei potenziali compratori avrebbe diritto a incassare una penale milionaria.

I tedeschi: Stato resta dentro

In una nota si fa viva Lufthansa, sconfitta in questa sfida: "Dal nostro punto di vista, la nostra offerta congiunta con Msc era e continua ad essere la soluzione migliore per Ita. Prendiamo atto della decisione del Governo italiano di intraprendere una strada che consenta una maggiore influenza dello Stato e non preveda una completa privatizzazione di Ita".  

E ancora: "Anche senza una collaborazione con Ita, il Gruppo Lufthansa mantiene un ottimo posizionamento sul mercato italiano. Con la nostra compagnia aerea italiana Air Dolomiti e con tutti i nostri marchi aerei abbiamo già una forte presenza, con circa 4 milioni di passeggeri e oltre 130 partenze giornaliere da 21 destinazioni".
 

L'anticipazione di Repubblica oggi in edicola
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Tuesday, August 30, 2022

Germania, l’inflazione riprende a salire in agosto. In Belgio il carovita torna sui valori del 1976 - Il Fatto Quotidiano

Il tasso di inflazione in Germania ad agosto è nuovamente salito toccando il 7,9%. Se armonizzato ai criteri di calcolo europei il carovita si attesta all’8,8% ossia il valore più elevato da 40 anni. I prezzi dell’energia sono saliti in un anno di oltre il 35%, quelli degli alimentari del 16,6%. La risalita dell’inflazione è avvenuta nonostante il governo abbia introdotto una serie di misure per calmierare i costi dei trasporti e le bollette. Interventi che, se non rinnovati, termineranno a settembre. La Banca centrale tedesca (Bundesbank) si attende che l’inflazione raggiunga il 10% negli ultimi mesi del 2022. L’inflazione è cresciuta anche in Belgio dove ha raggiunto il 9,9%, il livello più alto registrato dal marzo del 1976. Domani verranno diffusi i dati degli altri paesi (Italia inclusa) e dell’intera area euro per cui si attende un valore prossimo al 9%.

Il surriscaldamento dei prezzi aumenta la pressione sulla Banca centrale europea in vista del consiglio direttivo del prossimo 9 settembre quando verrà deciso un nuovo rialzo dei tassi. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le voci che auspicano un intervento di oltre mezzo punto percentuale. Ieri Philip Lane, membro del comitato esecutivo della Bce. ha però frenato spiegando che molteplici piccoli aumenti di tassi sono meno pericolosi di meno incrementi ma più ampio . “C’è incertezza sulla trasmissione” dei tassi, cosa che “rende sensato consentire al sistema finanziario di assorbire i cambi passo dopo passo”, ha detto Lane. In particolare “è meno probabile che lo stesso aumento cumulativo” di tassi, “in un intervallo di tempo fissato, generi effetti negativi se assume la forma di una serie calibrata di passi piuttosto che un numero più piccolo di aumenti grandi”, ha affemrato.

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Deridevano chi non investiva: coi fondi è andata peggio che tenendo i soldi sul conto

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Le Borse europee tentano il recupero. Gas sotto i 260 euro, asta BTp con rendimenti in salita - Il Sole 24 ORE

4' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Le Borse europee cercano di scrollarsi di dosso i timori innescati dalla conferma della linea dura contro l'inflazione dal parte del presidente della Fed, Jerome Powell, e recuperano terreno dopo la debolezza delle ultime sedute. A dare fiato ai listini è anche la discesa del prezzo del gas naturale, che torna sotto i 260 euro per megawattora. Il FTSE MIB milanese guadagna così terreno grazie a in particolare ai titoli finanziari, tra cui si mettono in luce Banco Bpm, Nexi, Bper e Finecobank. Bene anche Generali, che ha rafforzato la propria presenza in Malesia diventando uno dei principali operatori del Paese. La discesa del prezzo del petrolio fa invece scattare i realizzi sul settore energetico: perde quota in particolare Tenaris.

Intanto, sul fronte macro, torna ad accelerare l'inflazione in Germania. In agosto, secondo il dato preliminare calcolato dall'agenzia federale di statistica Destatis, l'indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,3% su luglio e del 7,9% annuo rispetto a un +7,5% annuo registrato il mese precedente. I prezzi al consumo armonizzati, invece, aggiunge Destatis, crescono dello 0,4% mensile e dell'8,8% annuo.

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Wall Street, future in rialzo dopo due sedute in calo

I future indicano un'apertura in rialzo, dopo i cali delle ultime due sedute provocati dai commenti provenienti dal simposio di Jackson Hole. Gli investitori hanno assimilato la volontà delle maggiori banche centrali al mondo di continuare ad alzare i tassi d'interesse, anche se dovessero creare dei danni all'economia; non alzarli, hanno detto, ne creerebbe di più. Il primo a dirlo, e a causare i forti cali di venerdì, era stato il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Alle ultime due riunioni, la Fed ha alzato i tassi d'interesse di 75 punti base, portandoli al 2,25-2,50%, il passo più rapido dall'inizio degli anni '90. A settembre, ci sarà un rialzo di 50 o 75 punti base, secondo molti banchieri e secondo gli analisti; Powell ha detto quello che ci si aspettava: la decisione di settembre dipenderà dai prossimi dati macroeconomici, a partire dai prezzi al consumo e dal rapporto sull'occupazione di agosto, quest'ultimo previsto venerdì 2 settembre. A luglio, registrati un aumento di 528.000 posti di lavoro e una disoccupazione al 3,5%; per agosto, previsti 325.000 nuovi posti di lavoro e un tasso di disoccupazione stabile.

Andamento Piazza Affari FTSE Mib

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Bene Generali dopo il rafforzamento in Malesia

Per quanto riguarda Generali, la società ha annunciato il completamento dell'acquisizione delle quote di maggioranza delle joint venture di Axa e Affin in Malesia, diventando così «uno dei principali assicuratori Danni del Paese, in linea con la strategia del gruppo di rafforzare la propria posizione di leadership nei mercati ad alto potenziale». Tutte le società continueranno a operare con i marchi attuali fino al lancio di un unico brand comune, "Generali Malaysia", previsto all'inizio del 2023. Stipulato inoltre con Affin Bank un accordo di bancassurance esclusivo per la vendita di prodotti convenzionali nei rami Danni e Vita. L'operazione era stata annunciata a giugno 2021 e, ricordano gli analisti di Equita, «l'impatto atteso sul solvency ratio è di circa 4 punti percentuali». «L'operazione - conclude Equita - permette a Generali di posizionarsi come uno degli assicuratori leader nel mercato malese».

Focus sulle banche, allo studio un fondo per aiutare le piccole

Sotto i riflettori le banche, sulla prospettiva, riferita dal Sole 24 Ore, della creazione di un fondo da 500-600 milioni per sostenere i piccoli istituti in difficoltà. Secondo quanto spiegato dal quotidiano, lo strumento sarebbe cofinanziato dalle principali banche italiane e in parte residuale dallo Stato. Il progetto sarebbe stato al centro di un incontro riservato a inizio agosto tra la Vigilanza di Bankitalia, il Mef e il Fondo Interbancario. Restano da capire le tempistiche per avviare l'operatività del nuovo fondo, che dipenderanno naturalmente anche dal risultato delle elezioni di settembre. «Se da un lato la costituzione di un fondo finalizzato a supportare istituti potenzialmente in difficoltà è un elemento a sostegno della stabilità del sistema bancario domestico - commentano gli analisti di Equita -, dall`altro la richiesta di contribuzioni agli istituti di dimensioni maggiori rappresenterà un ulteriore onere che andrà ad impattare, seppur non in maniera particolarmente significativa, la loro
bottom line». Equita calcola che 500-600 milioni rappresentano «meno del 5% dell'utile 2023 delle banche del nostro panel e meno dell'1% della market cap aggregata».

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Caro bolletta: gli alberghi valutano la chiusura anticipata - Giornale di Brescia

Vessati da una bolletta energetica triplicatasi in luglio rispetto ad un anno fa, anche a Brescia gli alberghi stagionali potrebbero decidere di anticipare la chiusura all'inizio dell'autunno, le strutture aperte tutto l'anno potrebbero invece valutare di fermare l'attività nel periodo più freddo. Tutta colpa dei prezzi di gas ed energia elettrica fuori controllo in Europa: le ricadute non risparmiano nessuno, neanche il settore dell'ospitalità. 

L'indagine del centro studi di Federalberghi, resa nota oggi, fornisce un quadro nazionale aggiornato a luglio, ma rispetto al mese scorso la situazione è ulteriormente peggiorata. 

La situazione

«La bolletta energetica degli alberghi italiani ha raggiunto il livello record di 3,8 miliardi di euro, con un costo medio di circa 120.000 euro per ciascuna struttura (94.000 per l'energia elettrica e 26.000 per il gas), che aumenta con progressione geometrica. In media, il conto del mese di luglio 2022 è risultato più che triplicato rispetto a luglio 2021. Significa che oltre il 18% del volume d'affari del settore viene assorbito dal pagamento delle forniture di energia elettrica e di gas», si legge nel comunicato diffuso sa Federalberghi.

A Brescia, gli aderenti all'associazione di categoria nazionale, sono 36: 7 in città, 8 in Val Sabbia, 11 nella pianura, 4 sul Garda, 3 in Franciacorta, 2 in Val Trompia, 1 in Val Camonica.

Le richieste degli albergatori

Nel comunicato di oggi, il presidente degli albergatori italiani, Bernabò Bocca, parla di aziende «in debito di ossigeno», di una crisi dei costi che arriva dopo i «due anni devastanti» della pandemia. Federalberghi chiede per gli alberghi una equiparazione ai soggetti energivori che possa portare il prima possibile alla «sterilizzazione degli aumenti, fissando un tetto al prezzo del gas e dell'energia elettrica e riconoscendo un credito di imposta che compensi gli aumenti record sin qui registrati». In aggiunta, Bocca sollecita le autorità di promuovere le energia da fonti rinnovabili, «eliminando i vincoli all'installazione dei sistemi fotovoltaici nei centri storici e consentendo la realizzazione di comunità energetiche anche tra soggetti che non sono alimentati dalla stessa cabina di trasformazione».

Il punto sul mercato

L'allarme di Federalberghi arriva in una giornata di sollievo per il prezzo dell'energia. Al nodo olandese, il future di riferimento tratta a 278 euro MWh, in calo del 18%: ma la scorsa settimana il rialzo è stato del 38%, tre mesi eravamo sotto i cento euro. Il future dell'energia elettrica in Germania, perde il 25% a 705 euro MWh, dai 250 di tre mesi fa.

I prezzi sono tornati indietro dopo l'annuncio di una riunione d'emergenza dei ministri dell'energia per il 9 settembre. Al meeting si è arrivati anche perché la Germania ha cambiato atteggiamento sul tetto al prezzo del gas, con l'inverno alle porte se ne può parlare.

*websim.it

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Bonus edilizi, per la cessione del credito sono richieste le foto - Edilportale.com

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Monday, August 29, 2022

Aumentano i membri del consiglio della Bce che chiedono un rialzo dei tassi di oltre lo 0,5% nella riunione… - Il Fatto Quotidiano

Si moltiplicano le voci all’interno della Banca centrale europea per un intervento deciso sui tassi di interessa in vista del vertice del prossimo 8 settembre. L’ultimo in ordine di tempo è il membro del consiglio direttivo e governatore della banca centrale lettone Martins Kazaks secondo cui il rialzo deve essere di almeno mezzo punto percentuale. “Solo così si può sperare di tenere a bada l’inflazione”, ha affermato oggi Kazakas. Ieri ad esprimersi erano stati il membro francese del consiglio direttivo Francois Villeroy de Galhau e la tedesca Isabel Schnabel. Il governatore della banca di Francia Villeroy ha detto che l’impegno della Bce ad agire sull’inflazione è “incondizionato”: un altro rialzo “significativo” dei tassi di interesse è un passo necessario in settembre. Anche il governatore della banca centrale finlandese Olli Rehm ha parlato della necessità di un intervento “significativo”.

“I rischi di recessione sono aumentati” ha affermato Isabel Schnabel, chiedendo comunque un’azione forte per riportare l’inflazione sotto controllo. Kazakas e Schnabel sono annoverati tra i “falchi” del consiglio direttivo della banca centrale europea, ossia più propensi a politiche monetarie restrittive. Una linea fortemente sostenuta anche dall’olandese Klass Knot, dal presidente della Bundesbank tedesca Joachim Nagel e dal belga Pierre Wunsch. Lo scorso 21 luglio la Bce ha alzato i tassi, per la prima volta in 11 anni, dello 0,5%. Per settembre si attende un intervento analogo che porterebbe il costo del denaro all’1% ma si rafforzano le pressioni per un rialzo più consistente, dello 0,75%.

Più neutro solitamente l’atteggiamento del francese Villeroy de Galhau mentre a favore di politiche monetarie più accomodanti sono gli italiano Ignazio Visco e Fabio Panetta, l’irlandese Philip Lane, lo spagnolo Pablo Hernandez De Cos e il greco Yannis Stournaras. Politiche monetarie più espansive (quindi con tassi bassi e/o programmi di acquisti di titoli di Stato dei paesi membri) riducono il costo del debito dei paesi membri, ossia quello che ogni anno si paga in interessi sui titoli di Stato in circolazione. Per questo i rappresentanti di paesi con debiti elevati in rapporto al Prodotto interno lordo tendono a preferirle e favorirle. Il rovescio della medaglia è che queste politiche contribuiscono a favorire l’inflazione che lo scorso luglio nella zona euro ha toccato l’8,9%. Il livello ritenuto ottimale dalla Bce è del 2%.

A differenza della Federal Reserve, la banca centrale statunitense, il cui mandato pone sullo stesso piano stabilità dei prezzi e crescita economica, in quello della Bce il controllo dei prezzi ricopre, almeno formalmente, una posizione prioritari. La Bce è stata infatti modellata sulla Bundesbank tedesca, la banca centrale di Germania, storicamente molto attenta a contrastare l’inflazione. Un rialzo dei tassi significa, più in generale,anche un maggiore costo per acceder a prestiti e mutui, quindi una minore quantità di denaro in circolazione e un rallentamento dell’attività economica.

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Crisi energetica, nuovi rialzi per l’elettricità, in Germania superati i 1.000 euro Mw/h. Assoutenti: “1230 euro in più a famiglia”

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Sunday, August 28, 2022

In arrivo i decreti su gas ed elettricità calmierati per energivori e Pmi - Il Sole 24 ORE

2' di lettura

Garanzie agli operatori che estrarranno il nuovo gas (meno di 2 miliardi di metri cubi), blindato attraverso contratti pluriennali, da offrire poi a prezzi calmierati a energivori e, con riserva di almeno un terzo, alle piccole e medie imprese. Mentre, sul fronte dei 15 terawattora di energia rinnovabile ritirati dal Gse - ma l’ammontare è ancora oggetto di confronto - che saranno messi a disposizione delle stesse categorie, sempre a costi ridotti, parte di questa energia dovrà essere ceduta anche agli interrompibili localizzati nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna). Sono questi alcuni dei tasselli del taglia-costi su cui è al lavoro, insieme all’Economia, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e che rientra nel piano del governo per rispondere al grido d’allarme delle imprese soffocate dalla corsa inarrestabile del prezzo del gas.

Il problema delle coperture

Un piano che dovrebbe passare anche attraverso un nuovo decreto con cui l’esecutivo punta ad alleggerire ancora il caro bollette e che però si scontra con un tema di coperture sul quale in queste ore sono al lavoro i tecnici per comprendere le reali possibilità di manovra. Mentre le richieste dei partiti ormai non si contano e ieri, ad allungare l’elenco dei politici in pressing sul governo per un nuovo intervento, è stato prima il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e poi il numero uno della Lega, Matteo Salvini, che ha aggiornato il pallottoliere dei numeri («serve un intervento da 30 miliardi per la crisi energetica»).

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La coperta con cui si misura il governo, però, è molto più corta. E il conto delle possibili misure sul tavolo è elevato: servono, infatti, 10 miliardi soltanto per estendere all’ultimo trimestre dell’anno i crediti d’imposta a favore delle imprese zavorrate dagli aumenti, a cominciare da energivori e gasivori, visto che la base di calcolo delle agevolazioni, rispetto al precedente provvedimento (il decreto aiuti bis), è mutata con i prezzi di elettricità e gas nel frattempo schizzati alle stelle. Il boccino è, come al solito, nelle mani del Mef che deve tirare le somme tra eventuali residui di fondi inutilizzati ed extragettito. Perché nessuno, tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre, vuole sentire pronunciare la parola scostamento di bilancio, ma c’è la piena consapevolezza di dover dare nuove risposte alla crisi che sta mettendo in ginocchio il sistema produttivo.

Ecco perché dalla presidenza del Consiglio è arrivato l’invito al Mite ad accelerare sul taglia-costi per energivori e pmi. Il ministro Cingolani vuole farsi trovare pronto per i primi di settembre - quando dovrebbe essere ultimato anche il piano di risparmio energetico per blindare il prossimo inverno - e ha messo al lavoro i suoi uomini per bruciare i tempi del via libera. Si tratta di due decreti interministeriali, definiti d’intesa con l’Economia, che chiamano in causa il Gestore dei servizi energetici (Gse). Quest’ultimo ha già aperto uno dei due cantieri lanciando nelle scorse settimane gli avvisi destinati agli operatori che intendono impegnarsi per assicurare il nuovo gas. Per approvvigionarsi, la controllata del Mef dovrà poi stipulare, a monte, su entrambi i fronti, contratti pluriennali per poter cedere a valle l’energia a costi ridotti.

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Le grandi catene Usa lasciano l’Italia: i motivi dell’addio - QuiFinanza

È un vero e proprio momento nero per le grandi catene americane che di recente hanno deciso di levare le tende dall’Italia. In un momento di profonda crisi economica causata dal mix tra pandemia e guerra in Ucraina, che negli ultimi due anni hanno segnato in maniera pesante i piani delle piccole e grandi aziende, nelle ultime settimane si è assistito alla ritirata di alcuni dei grandi marchi degli States che si trovavano nel nostro Paese e che hanno deciso di chiudere i loro punti vendita.

Le attività che hanno chiuso i battenti non lo hanno di certo fatto a cuor leggero, con numerosi dipendenti che si trovano ora senza lavoro e alla ricerca in un momento complicato per l’economia. Ma quali sono i grandi brand che hanno deciso di lasciare l’Italia?

I marchi della moda salutano l’Italia

Tra i primi marchi a lasciare l’Italia nelle ultime settimane ci sono firme della moda che, nonostante annunci roboanti e investimenti consistenti, hanno deciso di chiudere le proprie attività. Dopo gli addii della griffe Tory Burch e del fashion brand Banana Republic, anche Gap ha preso l’amara decisione di chiudere con gli investimenti in Italia e salutare l’economia del nostro Paese.

Alla base della decisione dei brand statunitensi c’è una débâcle quasi inaspettata a causa della crisi conseguente dal Covid-19 e non solo. Infatti a giocare un ruolo principale in questa crisi c’è l’alto livello di competitività del settore della moda che in Italia, più che in tanti altri paesi in giro per il mondo, ha un peso non trascurabile. Nel nostro Paese, infatti, l’offerta è estremamente vasta e i player italiani, dai piccoli ai grandi nomi della moda, sono un riferimento importante sia in termini di stile sia sul piano della qualità produttiva (ma a fallire sono anche gli storici marchi della moda italiana, ne abbiamo parlato qui).

Ben diversa, invece, è la situazione per lo sportwear e lo streetwear, nei quali i marchi americani non hanno competitors di rilievo in Italia. Ecco perché brand come Gap o Tory Burch hanno risentito di questa crisi e altri, come Nike o Supreme non hanno risentito in alcun modo del momento negativo, anzi sono stati capaci di aprire altri store.

Anche il food dice addio all’Italia con Domino’s Pizza

A risentire pesantemente del momento no dell’economia sono anche grandi marchi del settore food. Se tra i primi a salutare l’Italia è stata l’insegna di gelati Haagen Dasz, nelle ultime settimane l’addio che ha fatto parecchio clamore è quello di Domino’s Pizza. Marchio che ha conosciuto lo splendore nell’era pre-Covid grazie a un sistema di consegna innovativo, Domino’s ha infatti risentito pesantemente della pandemia e di una doppia concorrenza che ha stroncato gli introiti delle attività in giro per l’Italia.

Per Domino’s, infatti, si può parlare di un vero e proprio fallimento della società di franchising che gestisce la catena in Italia a causa della concorrenza spietata delle app di delivery come Glovo, Just Eat e Deliveroo e, dall’altro lato, con le singole pizzerie che a fronte dell’incremento della domanda negli ultimi due anni di Covid hanno in molti casi organizzato un proprio sistema di consegna. La concorrenza non ha fatto altro che accelerare la crisi già in atto e ha contribuito a determinare il ritiro dall’Italia.

L’esempio di Domino’s Pizza serve però da monito a tutti i brand di food non italiani. Infatti a soffrire sono soprattutto le insegne che hanno puntato su un’offerta standardizzata, senza adattarla ai gusti della clientela del Paese, cosa che, invece, ha saputo fare McDonald declinando il menù in chiave locale, arricchendolo di proposte e ingredienti tipici della cultura gastronomica italiana (a proposito di McDonald, ecco come si chiamerà in Russia).

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Le grandi catene Usa lasciano l’Italia: i motivi dell’addio - QuiFinanza
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Gas, il tetto al prezzo si decide tra 14 giorni: strada in salita (anche per lo "strano caso" Olanda) - TGCOM

C'è gas che arriva da tutto il mondo, tranne che dalla Russia, sulle navi metaniere che attraccano ogni settimana al terminale gasiero di Adriatic Lng, 15 km al largo della costa veneta, a Porto Viro (Rovigo). E'il rigassificatore più grande dei tre esistenti in Italia - gli altri sono a Panigaglia (La Spezia) e a Livorno - il primo al mondo realizzato off-shore.  Diventerà il nostro caposaldo quando il Governo, d'intesa con i partner dell'Ue, deciderà di chiudere definitivamente il rubinetto al gas di Mosca. Col rigassificatore in Adriatico, una struttura in cemento armato lunga 180 metri, larga 88 e alta 47 metri, (oltre che dagli altri due impianti nazionali) si garantirà il riscaldamento agli italiani il prossimo inverno. Quello di Porto Viro, entrato in funzione nel 2009, è l'unico impianto italiano a poter accettare le metaniere cosiddette 'super large scale vessels' con capacità sino a 217mila metri cubi liquidi. Mas come funziona il rigassificatore? Il combustibile fossile arriva infatti sulle navi allo stato liquido, compresso a -160 gradi. Viene riportato allo stato gassoso - e a quel punto avviato verso la rete di distribuzione - sfruttando la differenza di temperatura data dall'acqua di mare. Intanto davanti alla costa veneta le navi vanno e vengono senza sosta. Dall'inizio del 2022 sono già 18 le metaniere giunte al terminale, per un totale di oltre 1,5 mld di metri cubi di gas. Nel 2020 erano state 76, 81 nel 2021. Il metano liquefetto arriva qui da 9 Paesi: prevalentemente dal Qatar, ma anche da Egitto, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia, Nigeria, USA, Angola.

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Le bollette da capogiro di Castegnato (Brescia): “Prigionieri del teleriscaldamento: costi triplicati,… - Il Fatto Quotidiano

“Stavolta non farò l’italiana che si lamenta ma alla fine paga”. È quanto si è detta la scorsa primavera Lorena Agosti, residente a Castegnato in provincia di Brescia. Nel 2010 il comune ha inaugurato la sua rete di teleriscaldamento, tubi che distribuiscono acqua calda che trasferisce calore agli impianti degli edifici collegati. “Io e mio marito abbiamo comprato casa nel dicembre 2015 e il fatto che fosse teleriscaldata aggiungeva valore all’immobile: maggiore efficienza e risparmio”, spiega. Perché le reti di teleriscaldamento che nell’ultimo decennio hanno visto un notevole sviluppo anche nel nostro Paese, promettono infatti più risparmio energetico anche grazie alla possibilità di recuperare il calore da fonti alternative a quelle fossili. Ma già dall’anno scorso le tariffe del gestore locale, Cogeme Nuove Energie, hanno iniziato a salire. “In un anno la bolletta trimestrale è passata da 308 euro a 960 euro, più del triplo”, racconta Agosti, che ha deciso di passare al contrattacco raccogliendo centinaia di firme per una petizione al comune che, in qualità di socio azionista di Cogeme, “deve tutelare i cittadini di fronte a quelli che consideriamo aumenti ingiustificati”. Ma ad oggi il comune non ha ancora risposto e a molti la situazione sembra una prigione. Perché dove arriva il teleriscaldamento non sempre arriva la rete del gas, e l’unica alternativa sarebbe dotarsi di una pompa di calore con impianto fotovoltaico, “con costi ingenti soprattutto per una casa comprata appena sei anni fa che nel frattempo, proprio per l’aumento del riscaldamento, perde valore”.

Le bollette dei teleriscaldati sono lievitate in tutta Italia, con tanto di proteste, comitati ed esposti soprattutto nelle regioni dove il servizio è più esteso, Lombardia e Piemonte in testa. Aumenti che non hanno risparmiato nemmeno i comuni dove la maggior parte del calore che alimenta la rete proviene da fonti alternative e solo in minima parte dall’impiego di gas naturale. A Brescia, dove il 70 per cento del calore viene dai rifiuti immessi nel termoutilizzatore, il gestore A2A ha accordato il blocco del prezzo fino alla fine dell’anno. Poi chissà, perché in Italia una regolamentazione nazionale delle tariffe del teleriscaldamento non esiste e sono i singoli gestori a determinare il prezzo. Quando a gennaio è stato bloccato, il costo del kilowattora (KWh) per il teleriscaldamento bresciano aveva già superato 0,13 euro, più alto di quello del gas impiegato da una caldaia a condensazione, la cui media nazionale è leggermente inferiore. Insomma, la scelta che si propone come più sostenibile per l’ambiente non lo è per le tasche degli utenti. Un bel problema, come hanno scritto i sindaci di Brescia, Milano, Varese e Torino al governo, ma senza avere risposta.

Se poi dal capoluogo si passa alla provincia, le cose peggiorano. E’ il caso di Castegnato dove il KWh ha raggiunto 0,26 euro. “E’ la cifra più alta d’Italia, dove la media è di 0,18 euro a KWh, ci hanno detto quelli di Legambiente”, riferisce Lorena Agosti. Un destino che nella cittadina accomuna 270 utenze. Il numero è centrale in questa storia, perché la società che gestisce la rete contava di collegare 1260 utenti. “Ma col passare degli anni gli imprenditori edili hanno preferito spostarsi su altre tecnologie, definendo obsoleto il teleriscaldamento. Hanno avuto ragione di fronte al giudice e la rete è rimasta ferma al palo, sottodimensionata rispetto alle aspettative del gestore”, spiega Agosti, che del locale comitato di teleriscaldati è da subito la rappresentante. All’amministrazione è stato chiesto “di farsi parte attiva a sostegno dei cittadini utenti di fronte all’aumento ingiustificato delle bollette”. Nella petizione al comune i cittadini hanno chiesto anche “che sia reso possibile il distacco dalla rete per passare a un impianto a gas, ad ora impossibile perché non raggiunti dalla rete del gas naturale o perché le modifiche necessarie ad impiantistiche elettriche sono troppo onerose”.

Questa sorta di monopolio locale che riguarda le reti di teleriscaldamento, unito all’assenza di una regolamentazione nazionale sulle tariffe che lascia agli esercenti titolo per determinarle, ha trasformato un servizio apparentemente virtuoso in una gabbia dalla quale è difficile uscire, anche e soprattutto adesso che le bollette raggiungono livelli insostenibili. “Non abbiamo alternative, se ci stacchiamo cosa facciamo?”, chiede Agosti. A casa sua la rete gas non arriva e sostituire tutto con un impianto elettrico significa dotarsi di fotovoltaico e pompa di calore, cambiare il sistema idraulico e quello elettrico. “Per noi si tratterebbe di almeno 20mila euro, in una casa che io e mio marito abbiamo comprato da pochi anni”, continua. Al problema delle bollette si aggiunge infatti quello di immobili che perdono valore: “Chi comprerebbe questa casa con simili bollette e senza alternative?”, si domanda. Una sorta di prigionia che potrebbe addirittura configurarsi come un obbligo, e su questa ipotesi il comitato e i suoi consulenti stanno valutando le prossime possibili azioni da intraprendere.

Intanto in rappresentanza del comitato Agosti chiede da mesi un incontro congiunto a sindaco e Cogeme, “mai accordato”. Perché sul rapporto tra gestore e comune, che di Cogeme ha il 6,6 per cento delle azioni, i castegnatesi vorrebbero vederci chiaro. “Quando abbiamo comprato casa, nelle fatture come nel contratto che abbiamo firmato c’era scritto che “la tariffa è stabilita dall’amministrazione comunale su proposta del gestore”, che a rigor di logica dovrebbe essere una garanzia a tutela dei cittadini utenti, no?”, continua Agosti. “Ma poi abbiamo scoperto che in un accordo del 2014 il comune delega alla società di fissare le tariffe. Insomma, delle due, l’una: abbiamo forse firmato un falso?”. Invece ancora nessuna risposta, nonostante le 560 firme raccolte in meno di dieci giorni e il fatto che tra le bollette incriminate ci sia anche quella della scuola del comune, passata da 4mila euro a 12mila. Ma soprattutto di fronte alla paura degli utenti che i costi salgano ulteriormente, visti i prezzi del gas impazziti dallo scoppio del conflitto in Ucraina.

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Saturday, August 27, 2022

Bollette dell’energia gratis: con il nuovo decreto non è un sogno - Orizzontenergia

Bollette dell’energia gratis: adesso è finalmente possibile. Il provvedimento è ora realtà e gli italiani gioiscono

Energia elettrica decreto bonus
Energia elettrica (Foto di Colin Behrens da Pixabay)

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Il costo delle bollette schizza sempre più in alto. La corrente come il gas hanno raggiunto cifre mai viste mettendo in ginocchio famiglie ed imprese che si ritrovano a dover sostenere delle spese non previste e che gravano non poco sui conti a fine mese.

Una vera stangata alla quale è necessario far fronte. Lo Stato si è già mosso per aiutare i cittadini e finalmente il provvedimento tanto sperato è ora realtà. Grazie a questa nuova misura la bolletta dell’energia sarà gratis. Un sogno? Assolutamente no e ti diciamo come fare.

Bollette dell’energia gratis, ecco come è possibile

pannelli solari reddito energetico
pannelli solari (Foto di Admiral_Lebioda da Pixabay)

I bonus erogati dallo Stato sulle bollette di luce e gas hanno rappresentato certamente un punto importate per le famiglie e le imprese. Un aiuto che ha permesso di tirare un sospiro di sollievo dopo le difficoltà degli scorsi mesi, ma questo non è tutto.

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C’è, infatti, un’altra grande opportunità che arriva per i cittadini. Si tratta del reddito energetico che rimasto bloccato per molto tempo è diventato finalmente realtà. Di cosa si tratta? Della possibilità di ricevere dei fondi per l’acquisto e l’installazione di pannelli solari o sistemi di accumulo, minieolico e solare termico.

La misura è rivolta alle famiglie con ISEE basso e che non sia superiore ai 20 mila euro, esclusivamente per sistemi di nuova installazione. In questo modo grazie alla produzione di energia in totale autonomia la bolletta dell’energia si azzererà e non sarà necessario pagare dei salassi.

Il contributo massimo per ogni famiglia è di 8.500 euro. C’è da fare attenzione però perché il provvedimento non è valevole su tutto il territorio italiano. Per il momento la Regione Puglia ha dato l’ok, dunque chi abbia la residenza in un immobile situato nel territorio pugliese può già attivarsi per usufruire della misura veramente importante di questi tempi.

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Ci sono poi anche altre realtà locali che si stanno attivando. Ecco perché è bene controllare ed informarsi sulla misura ecologica per capire se il proprio Comune ha aderito all’iniziativa oppure se è necessario ancora attendere.

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Caro bollette, la mazzata è già arrivata: dal caffè alla pizza, passando dai primi, ecco la mappa dei rincari - ilgazzettino.it

Cinquanta centesimi qua, cinquanta centesimi là. Un consumatore disattento quasi non se ne accorge. Prende gli spiccioli dalla tasca, paga e se ne va. Ma l’aumento c’è, molto più generalizzato di quanto si pensi. Un caffè, il piatto di pasta, la birra e il bicchiere di vino. E se fino a ieri le bollette “impazzite” erano roba da commercianti imbufaliti, adesso il conto si ribalta sul consumatore. E sulle abitudini più radicate di ognuno. 


Caro bollette, aumentano i prezzi


Le bollette (non fa quasi più notizia), sono schizzate verso l’alto. I ristoranti di Pordenone sono alle prese con dei conti da pagare praticamente doppi se non tripli rispetto a quelli dell’anno scorso. Stesso periodo. Gas, ma anche elettricità. E ancora prima della “mazzata” d’autunno ecco i primi aumenti. Anzi, l’allarme più rumoroso arriva da chi i ristoranti li rappresenta, cioè Pier Dal Mas della Fipe ristoratori. L’incubo, infatti, è rappresentato non tanto dagli aumenti di adesso, quanto da una necessità - riscontrata dai gestori dei locali - di ritoccare i listini non una tantum, ma per tutto l’inverno. «Il problema - spiega - non saranno tanto i ritocchi attuali. Io stesso (La Primula, stellato di San Quirino, ndr) ho adeguato i listini passando - per un primo - da 20 a 22 euro. Ci vedremo costretti a rialzare i prezzi a livello mensile, procedendo per piccoli passi. È inevitabile modificare i listini. O così, o si chiude». L’incubo dei ritocchi mensili all’orizzonte, quindi. E non solo di un “piccolo” adeguamento. 


Costi su, sale anche il conto al ristorante


Non serve aspettare ottobre. Tra Pordenone e Udine gli aumenti ci sono già. Pranzare o cenare costa di più. Si parte ad esempio dalla pizza. La farcita, ad esempio, in regione si trova in media a un euro in più rispetto a quanto avveniva all’inizio dell’estate. «Noi - racconta Carlo Nappo, ristoratore pordenonese - abbiamo scelto di aumentare il costo di 50 centesimi. Ma si tratta di una misura ancora non sufficiente a coprire i costi che abbiamo». «Ho una bolletta da 4mila euro, cosa dovrei fare?», spiega Simone dell’Ovest, e siamo sempre a Pordenone. C osì il caffè è passato da un euro e trenta a un euro e cinquanta centesimi. «Non farò lo “strozzino” - prosegue - e aumenterò solo di 50 centesimi laddove i costi sono cresciuti alla fonte». 

Bollette, in arrivo maxi stangata da 11 miliardi per le imprese. Spesa media per famiglie: +711 euro, energia incide su spese trasporti e anche su salute


Bollette gas ed elettricità alle stelle


Un esempio su tutti. Al di là della stangata relativa al gas e all’elettricità, i fornitori delle materie prime alimentari hanno praticato già tre o quattro rincari dall’inizio dell’anno, quando in passato - secondo i ristoratori - questa dinamica si verificava una volta l’anno o anche a livello biennale. «Già a febbraio - spiega ancora Sabrina Gardonio del bar Pecora Nera a Pordenone - abbiamo praticato il primo adeguamento al listino. Ora ci troviamo di fronte all’aumento vertiginoso dei prezzi praticati dai nostri fornitori. Non abbiamo francamente molte alternative e non possiamo sempre rimetterci di tasca nostra». Ci si sposta poi da Cico, in via San Giorgio. «Noi ristoratori - spiega il titolare - dobbiamo stare attenti. Non possiamo aumentare i prezzi a dismisura. Io ho ritoccato i listini di cinquanta centesimi. L’equilibrio è purtroppo molto sottile, perché rischiamo di perdere la nostra clientela e di lavorare di meno. Per pagarci davvero le bollette dovremmo aumentare i prezzi del 20 per cento. Sarebbe impossibile». Un’opinione condivisa: per “rifarsi” della stangata, bisognerebbe rendere di fatto “impossibile” una cena al ristorante. Roba da ricchi.

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Investitori in fuga dall’Italia: pronti a vendere 200 miliardi di euro in titoli di Stato - Open

200 miliardi di euro. É questo il valore dei Btp, i titoli di Stato che l’Italia vende per rifinanziare il proprio debito, che gli investitori istituzionali sarebbero pronti a vendere dopo l’addio di Mario Draghi a Palazzo Chigi. A rivelarlo è la banca statunitense Citi, come spiega La Stampa. Si tratta del 7,5% del debito (2.766 miliardi di euro, il massimo storico è stato toccato a luglio), che di per sé vale il 152% del Pil del nostro Paese. La notizia della caduta del governo ha subito causato incertezza e volatilità nei mercati. Uno scetticismo che è diventato presto evidente nello spread tra i Btp e Bund, i titoli di Stato tedeschi. Il valore, che mesi fa si manteneva tra i 100 e i 150 punti base, dallo scoppio della crisi di governo si attesta stabilmente tra i 200 e i 250. A poco sembrano essere servite le rassicurazioni della leader di FdI Giorgia Meloni a Reuters quando ha dichiarato che con il suo partito al governo i conti pubblici sarebbero in buone mani. Gli interessi che l’Italia deve versare per rifinanziare il proprio debito – al momento il Btp decennale paga il 3,75% – sono sempre più alti e sempre più distanti dai valori relativamente bassi di quelli tedeschi. Tutto ciò nonostante l’aiuto della Bce, che ha acquistato 10 miliardi di titoli italiani a luglio.


Il Pnrr e i tassi di interesse sono le maggiori preoccupazioni

Insomma, gli investitori sono pronti a scommettere contro il nostro Paese, e a vendere 200 miliardi del nostro debito, su cui lo stato dovrebbe pagare interessi ancora più alti. La notizia arriva dopo la rivelazione del Financial Times, che ha fatto sapere che numerosi fondi speculativi internazionali stanno scommettendo contro il nostro Paese. Ovvero si stanno tutelando in vista di una una seria crisi economica della penisola. Tra le maggiori preoccupazioni di chi attualmente detiene il debito pubblico italiano c’è il rallentamento della realizzazione delle opere finanziate con i fondi del Pnrr, che rischiano di andare in fumo se gli interventi non avverranno entro le scadenze prestabilite. E il rispetto dei tempi è messo a dura prova dalla caduta del governo in un momento cruciale per la definizione degli iter progettuali. Inoltre, gli investitori temono che il nostro Paese non riuscirà a fare fronte all’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce.


«L’Italia ce la farà se rispetterà l’agenda Draghi»

Gregorio De Felice, capo economista di Banca Intesa San Paolo ammette le difficoltà, ma esclude il pessimismo. «Una gestione ordinata della politica di bilancio e il rispetto delle regole Ue in materia di saldi di finanza pubblica e convergenza macroeconomica escludono qualsiasi criticità sul fronte del rifinanziamento del debito pubblico nel 2023» ha spiegato al quotidiano torinese. Se tutto andrà come deve, e le tranche del Pnrr verranno confermate, «la quantità di debito da rifinanziare sui mercati è stimabile nell’ordine dei 50 miliardi di euro, che potrebbero essere coperti da acquisti netti di investitori domestici (intermediari e famiglie) anche a fronte di un possibile moderato flusso di vendite estere», che Intesa stima intorno ai 20 miliardi di euro. L’importante, secondo De Felice, è che il prossimo governo non si discosti eccessivamente dalla cosiddetta «agenda Draghi». Il modus operandi dell’ex presidente della Bce, la cui figura viene vista come garanzia di rigore e scelte oculate, infatti, ha finora tenuto a bada le speculazioni e rassicurato i mercati e il timore è che una brusca inversione di rotta potrebbe portare il Paese in mezzo a forti turbolenze difficili da gestire. La Bce, però, è pronta a intervenire di nuovo acquistando i nostri titoli di Stato, a patto che i parametri economici dell’Unione vengano rispettati.

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Thursday, August 25, 2022

Canone RAI aumenta (tassa regionale) ma arrivano ben 2 modi per non pagarlo più - iLoveTrading

Il canone RAI dall’anno prossimo esce dalla bolletta perché proprio l’Unione Europea ha detto che non si può riscuotere una tassa attraverso la bolletta dell’energia elettrica.

Tuttavia la RAI sta chiedendo con forza con forte aumento del canone. La RAI chiede l’aumento del canone per due motivi.

ANSA

Anzitutto con i forti costi legati all’inflazione, il canone di €90 non basta più alla tv pubblica ma poi il motivo è anche un altro.

Forti aumenti

Quando il canone era riscosso tramite la bolletta per gli italiani era impossibile evadere questa tassa e quindi la RAI la riscuoteva in modo assolutamente sicuro.

Pixabay

Tuttavia con il canone che esce dalla bolletta l’evasione ritornerà ad essere forte come in passato e quindi la Rai ha paura che tanti Italiani finiranno per non pagare il canone e quindi vuole un aumento del canone stesso proprio per difendersi da questo. Tuttavia adesso arrivano due modi legali e assolutamente sicuri per non pagare il canone della RAI. L’anno prossimo il canone della RAI probabilmente diventerà una tassa regionale anche se questo non è ancora sicuro. Ad ogni modo gli italiani adesso hanno ben due modi per non pagare il canone RAI in modo legale.

I modi per non pagarlo

Il primo modo è quello di scaricare proprio dal sito della RAI l’apposita domanda nella quale si richiede di non di essere esonerati dal canone RAI proprio perché non si hanno televisori in casa. Infatti se non si hanno dei televisori in casa si può essere effettivamente esonerati dal canone RAI. In questo caso la domanda va presentata entro il primo gennaio del 2023 ed esonererà dal pagamento del bollo proprio per l’anno 2023. Infatti questa è una richiesta che bisogna fare annualmente. Ovviamente lo svantaggio di questa richiesta è che effettivamente non bisogna avere i televisori in casa perché altrimenti si sta dichiarando il falso al fisco.

Così si può evitare il Canone e guardare la tv

Ma ci sono degli italiani che possono non pagare legittimamente il canone della RAI pur continuando a vedere la televisione. Infatti sono proprio gli anziani con ISEE basso che possono arrivare ad avere l’esonero dal canone RAI pur continuando ad avere i televisori in casa. Ad ogni modo le associazioni tutela dei consumatori sostengono che dal prossimo anno molto probabilmente il canone effettivamente aumenterà.

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Energia: Confcommercio, a rischio 120mila imprese - Agenzia ANSA

La corsa dell'energia e un'inflazione prossima all'8%, per quasi l'80% dovuta proprio all'impennata dei prezzi delle materie prime energetiche, "mette a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro". E' quanto stima Confcommercio-Imprese per l'Italia, che indica come la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021 (11 miliardi) e più del doppio rispetto al 2019 (14,9 miliardi).

"Uno scenario che desta forte preoccupazione", afferma sostenendo la necessità di interventi specifici e nuove misure di sostegno. I costi dell'energia "sono, ormai, da vera emergenza", commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. "Il nuovo Governo dovrà dare risposte immediate accelerando soprattutto su Recovery Fund energetico europeo e fissazione di un tetto al prezzo del gas". Insomma "è vitale - sostiene - tagliare drasticamente il costo dell'energia per tutte le imprese, anche quelle non 'energivore' e 'gasivore'. In caso contrario si rischia di vanificare la ripresa economica di questi ultimi mesi". 

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È di nuovo record per il prezzo del gas: fiammata a 315 euro - TGCOM


Dopo i picchi di mercoledì, quando il prezzo aveva raggiunto i 302 euro al megawattora per poi stabilizzarsi sotto quota 290, giovedì i mercati sono tornati in fibrillazione. Secondo gli esperti, a far schizzare nuovamente le quotazioni (i cui future, prima del conflitto in Ucraina, venivano scambiati sotto i 90 euro) è stato, secondo gli esperti, il timore per i nuovi lavori di manutenzione del gasdotto Nord Stream 1: da programma lo stop dovrebbe durare solo tre giorni, ma non è escluso che i lavori possano in qualche modo essere protratti molto più a lungo.

Allo stesso tempo, segnalano gli analisti, il gasdotto americano Freeport Lng ha posticipato a metà novembre la data di riavvio, e quindi i Paesi che stanno cercando alternative al gas russo (tra cui soprattutto Italia e Germania) si trovano in difficoltà.


Carburanti, nuovi rincari per il diesel: il prezzo supera la benzina - 

Ancora in altalena i prezzi dei carburanti, con il diesel che torna a superare il costo della benzina a causa delle quotazioni internazionali costantemente in crescita da più di una settimana. Negli ultimi giorni si sono registrati aumenti da parte delle compagnie sui prezzi raccomandati del diesel: Eni, Tamoil, IP e Q8 salgono di 2 centesimi (ma Eni rincara di 2 centesimi anche il prezzo raccomandato della benzina). In base all'elaborazione di Quotidiano Energia, il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self è 1,766 euro/litro, con i diversi marchi compresi tra 1,753 e 1,775 euro/litro (no logo 1,763). Il prezzo medio praticato del diesel self è 1,787 euro/litro, con le compagnie tra 1,776 e 1,805 euro/litro (no logo 1,778).

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FT: in corso la più grande campagna speculativa contro debito italiano. Meloni con noi finanze al sicuro - Corriere della Sera

Sono gli hedge fund la più grande scommessa contro il debito italiano dalla crisi finanziaria globale a causa delle crescenti preoccupazioni politiche a Roma e la dipendenza del Paese dalle importazioni di gas russe. Secondo i dati di S&P Global Market Intelligence, citati dal sito Internet del Financial Times, il valore totale delle obbligazioni italiane che gli investitori hanno preso in prestito per scommettere sul ribasso dei prezzi dei titoli di Stato italiani ha raggiunto il livello più alto da gennaio 2008 questo mese, a oltre 39 miliardi di euro. Proprio nel 2008, il differenziale tra Btp e Bund aveva toccato i 530 punti base. Allora al governo italiano c’era Silvio Berlusconi.
La corsa degli investitori e degli speculatori - capaci di muovere ingenti risorse in breve tempo e condizionare i mercati - a scommettere contro l’Italia arriva mentre il Paese deve affrontare venti contrari economici - soprattutto per l’aumento dei prezzi del gas naturale in Europa a causa dei tagli alle forniture russe - e un clima politico difficile con le elezioni che si avvicinano a settembre.

Il Paese più esposto e la corsa dello spread

«L’Italia è il Paese più esposto in termini di ciò che accade ai prezzi del gas, la politica è una sfida», ha affermato Mark Dowding, chief investment officer di BlueBay Asset Management, che ha circa 106 miliardi di asset. A luglio 2022 il Fondo monetario internazionale ha avvertito che il divieto del gas russo avrebbe portato a una contrazione economica di oltre il 5% in Italia e in altri tre Paesi, se altri Stati non avessero condiviso le loro forniture. Gli investitori considerano anche l’Italia tra i Paesi più vulnerabili alla decisione della Banca Centrale Europea di abolire i programmi di stimolo all’economia alzando i tassi di interesse e bloccando gli acquisti di obbligazioni che hanno sostenuto il massiccio mercato del debito del Paese. Questo comporterà molto probabilmente un costo maggiore a carico dello Stato italiano per finanziarsi sui mercati internazionali del debito.

Deflussi nel secondo trimestre

«Lo spettro del 2008 é ben presente nella testa degli investitori, questo 2022 non è stato un periodo d’oro per le performance degli hedge, che sono stati colpiti da diversi deflussi nel secondo trimestre, eppure le dimissioni di Draghi hanno riportato grande appeal sulle strategie short sul nostro debito», commenta al CorrierePietro Calì di Copernico Sim. E ancora aggiunge: «Gli hedge sono sempre pronti a sfruttare le paure degli investitori. Nonostante Draghi sia stato rassicurante, mercoledì a Rimini, ribadendo che l’Italia ce la farà, con qualsiasi governo. Il “sentiment” sul mercato finanziario italiano rimane difficile, il Ftse Mib rimane ancorato sotto i 23 mila punti e neanche la debolezza dell’euro sembra dare respiro al nostro export. La grande scommessa degli hedge potrebbe avere riflessi sullo spread ma l’Italia ha ancora alcuni strumenti capaci calmare le acque uno su tutti l’enorme risparmio privato delle famiglie ».

Meloni: con noi al governo finanze pubbliche al sicuro

A proposito della sfida elettorale e il riflesso sui conti pubblici, in un’intervista esclusiva all’agenzia Reuters, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (candidata anche a rivestire il ruolo di premier nel caso di successo alle elezioni), ha sottolineato che il governo (eventuale) del Centrodestra «non metterà a rischio le finanze pubbliche» e che i piani di investimento e spesa pubblica riportati nel programma elettorale della coalizione - a cominciare dal taglio delle tasse proposto con la nuova Flat Tax- «rispetteranno le regole di bilancio fissate dall’Unione europea». Parole chiaramente volte a rassicurare i partner europei e i mercati di fronte alle nuove incertezze politiche e economiche che l’Italia si trova a fronteggiare. Il debito pubblico italiano, secondo le ultime stime, ha raggiunto il 147% del Pil nazionale. »Dobbiamo essere e saremo cauti - ha detto Meloni - Il primo impegno del nuovo governo sarà la Manovra fiscale per il 2023 e inevitabilmente dovremmo ancorarla ai parametri richiesti» ai conti pubblici.

Spread

Lo spread, ovvero il differenziale dei rendimento tra il Btp decennale italiano e il Bund tedesco di pari durata, nelle scorse settimane ha avvicinato più volte la soglia dei 230 punti base (qui l’andamento dello spread in tempo reale). Il che equivale a dire che il governo italiano deve pagare circa il 2% in più rispetto alla Germania per finanziarsi sui mercati del debito. Questa mattina la seduta sul mercato dei titoli di Stato si apre con lo spread a 226,4 punti, con rendimento del decennale italiano al 3,62%. «Se pensiamo che il nostro spread è di gran lunga superiore a quello portoghese, comprendiamo il paradosso attuale che proprio gli hedge cercano di sfruttare», conclude Calì.

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